BUONGIORNO UN CORNO!, VENERDI’ 6, CI SALVERA’ L’OPEN SOURCE…

BUONGIORNO UN CORNO!, VENERDI’ 6, CI SALVERA’ L’OPEN SOURCE…

Volevo chiudere questa settimana tra le più difficili per tutti noi andando controcorrente e illustrando una possibile via d’uscita, il contrario degli scenari apocalittici che fanno impennare gli ascolti in tv e i clic in rete. Nelle situazioni d’emergenza ciò che salta più chiaramente agli occhi di tutti è che esistono due mondi che vanno a velocità molto diverse, il mondo degli abbienti, molto ristretto, e quello di tutti gli altri, ed eccoci qua. Il primo mondo può più o meno permettersi di fare quel che vuole, quando c’è una crisi e deve ridurre i consumi si compra una Audi al posto di una Ferrari e mangia il caviale tre volte a settimana anziché sei. Quindi non hanno bisogno di noi e li lasciamo da parte. Parliamo di noi invece. Il ragionamento non è immediato quindi vi chiedo la pazienza di seguirmi e magari qualcuno al’inizio troverà informazioni di base che già conosce, ma non tutti sanno cos’è l’open source e cosa c’entra con le nostre vite. L’open source è innanzitutto una cultura prima ancora che un diverso approccio all’informatica. Significa letteralmente sorgente aperta, viene indicato comunemente per contrasto al software protetto da copyright, poiché il software open source è liberamente modificabile dagli utenti. Per fare un esempio il sistema operativo e il programma di scrittura che sto usando in questo momento sono open source, completamente gratuiti, una volta comprato il computer e avuto l’accesso a internet ho scaricato il software e l’ho facilmente installato senza particolari conoscenze informatiche. Lo spirito con cui nacque la rete, internet, era esattamente questo, fornire a tutti accesso libero e gratuito a tutta una serie di risorse altrettanto libere. E se il vostro amico smanettone vi sta dicendo che non è la stessa cosa di un sistema proprietario come quelli della Apple o di Microsoft o sta parlando di qualcosa che non conosce o è di quelli che non cambiano idea nemmeno di fronte all’evidenza. L’intera infrastruttura internet, i server che contengono le informazioni a cui attinge il vostro computer quando si collega, sono nel 90% dei casi basate su software Linux, lo stesso che sto usando sul mio pc adesso. Il principio della gratuità e condivisione delle risorse con gli altri utenti sottintende un’idea precisa di società in controtendenza con quella attuale. Una società open source condivide le informazioni, le arricchisce con la collaborazione di tutti gli utenti/cittadini, migliora costantemente le prestazioni dei singoli e del sistema. Pensiamo ai vantaggi che derivano dalla collaborazione e la libera condivisione dei risultati conseguiti in campo scientifico e tecnologico proprio in questi giorni in cui anche la scienza ha difficoltà a contrastare il coronavirus. Immaginiamo che tutti i laboratori del mondo e i loro scienziati siano collegati tra loro e in tempo reale ogni avanzamento della ricerca venga comunicato agli altri. Anziché in mesi troveremmo spiegazioni e rimedi in giorni, i laboratori più attrezzati diverrebbero automaticamente i laboratori di tutta la comunità scientifica, si potrebbero superare gli ostacoli determinati dal possesso dei brevetti per i farmaci, il miglioramento delle condizioni di vita diverrebbe in automatico un contrasto alla povertà e alle pessime condizioni di vita di migliaia di persone. Nello stile open source lo spirito di collaborazione porta con sè anche il superamento della paura del diverso e del razzismo, e anche le merci verrebbero condivise in base alla loro utilità e non alla possibilità di acquistarle in base alla propria disponibilità economica. Diverrebbe una stile di vita con ricadute anche nel nostro rapporto con l’ambiente, perché la condivisione delle risorse farebbe in modo che nessuno potrebbe distruggere le risorse disponibili per tutti senza suscitare l’opposizione degli altri che tenterebbero d’impedirglielo in tempo reale e non si limiterebbero a protestare dopo che è successo. Vedo già le smorfie di quelli in fondo, quelli che hanno visto tutto e la sanno lunga, i cinici formati, come noi purtroppo, da un mondo dove questi principi appaiono pura utopia. E darei ragione a chi è scettico sulla possibilità di un mondo diverso se parlassimo di sistemi politici che hanno già fallito, ad esempio i regime comunisti dell’est, ma uso il condizionale perché l’open source non è un’utopia, è una realtà acclarata che sta già producendo risultati incredibili nel mondo della tecnologia. Le persone sono bloccate dinanzi alla tecnologia, la utilizzano ma a scatola chiusa, mentre l’open source per esempio prevede che l’utente conosca il meccanismo di ciò che sta usando. Allora facciamo un passo indietro e parliamo del linguaggio dell’informatica, quei codici zeppi di 0 e 1 che si combinano in miliardi di combinazioni dando vita a infinite possibilità di cambiamento delle nostre vite. Quel codice in apparenza ostico è come l’italiano ai tempi di Dante. Quante persone immaginate che fossero in grado di leggere “Il Convivio”, ai tempi in cui lo scriveva l’autore? Poche, pochissime, eppure quel testo è una base fondamentale della lingua italiana, un modello su cui basiamo oggi la nostra comunicazione, un umanesimo del linguaggio. Ecco l’informatica, l’open source, che è la struttura connettiva di base delle informazioni, sono oggi per noi come quella lingua italiana che un tempo era sconosciuta anche a coloro che oggi la parlano correttamente. L’open source non è una questione soltanto tecnologica, l’open source sta alla base dell’umanesimo del terzo millennio, di quella nuova idea di società che potrà portarci fuori dal pantano di egoismo e incomunicabilità in cui ci siamo cacciati oggi. Non tutto è perduto, l’intelligenza artificiale, quella che ormai è entrata nelle nostre vite e nelle nostre case con prepotenza, è basata in maggior parte sui principi dell’open source, della sorgente aperta. Se cerchiamo di capire e riprodurre questo meccanismo nella vita di tutti i giorni migliorerà e di molto anche l’intelligenza naturale che sembriamo aver perso ancora di più in questi giorni bui.