STORIE AL TEMPO DEL CORONAVIRUS

STORIE AL TEMPO DEL CORONAVIRUS

IL DECOVIDONE(Nedo da Terranuova detto di “Il Bronzaccio”) Comincia il libro chiamato DECOVIDON,nel quale si contengono sette novelle raccontate da quattro ragazze e tre giovani uomini. Quanto tempo è passato da allora. Dovete sapere che in quell’anno assai strano, bisesto e ricco di date palindrome, del 2020, il mondo intero fu colpito da un morbo allora sconosciuto. Un virus pestilenziale che obbligò tutti, onde evitare infezione e morte, a contenere i propri comportamenti. Il male colpì in ispecie i vecchi, proprio come me, come se il destino volesse salvare per il futuro le nuove generazioni. La Terra si scoprì fragile e indifesa, la paura, l’incertezza e la malinconia avvolsero la gente. Venne disposto, per tentare di arginare il male, di isolarsi in quarantena per qualche tempo. Ormai giunto agli ultimi anni della mia vita, voglio serbar memoria a tutti voi, ché la speranza e la fiducia sono assai importanti nell’esistenza. La testimonianza di ciò sta nei fatti che durante quell’evento, una brigata allegra fatta di quattro donne e tre giovanotti, ebbe a ingegnare. Per sfuggire ad ogni tristezza e per consolazione essi si unirono per trascorrere insieme una settimana lontani da tutti e da ogni contatto con la malattia. Si rifugiarono in campagna, sopra alle colline del piccolo paese valdarnese di Terranuova, nella tenuta di Montelungo. Accadde che in quei giorni, per l’assenza di tecnici e di lavoratori, non funzionassero né la televisione né Internet né alcuno collegamento. Allora, per combattere la noia, uno alla volta gli allegri giovani, inventarono delle novelle. Una per ciascheduno dei giorni della settimana Sono storie di sollazzo, favole, argute o licenziose, ricche di toscanità e amore, racconti che vado a riportare acciocchè non vadano perdute per sempre nella memoria nostalgica di un vecchio innamorato della vita. “Di come dei ragazzi nel pieno dell’esplosione degli ormoni della gioventù si ingegnano per placare i propri bollori” Si sa nei paesi piccoli non è facile per i ragazzi avere la possibilità di iniziarsi al sesso. Figuriamoci nelle piccole frazioni dove tutti si conoscono ma non fino al punto di sapere se si è predisposti per le prime esperienze amorose. Gigi di Sacco e Mario di Rigli della Cicogna, erano due diciotteni un pò brufolosi e pieni di voglie, che quando conoscevano delle ragazze e arrivavano al dunque, ricevevano sempre un due di picche e a volte anche un bello schiaffone. Un giorno a Mario venne un’idea. “Andremo in chiesa” disse con il sorrisetto a Gigino che rimase meravigliato e senza parole. Si misero vicino al confessionale finchè non arrivò padre Ernesto, il prete della Cicogna. “Chi si vole confessare?” domandò il prete, “Io” disse Mario entrando in confessionale. “Dimmi Mariolino, oicchè t’ha fatto?” chiese padre Ernesto dopo il segno della croce. “Oh padre ho peccato in lussuria, e so andato con una ragazza, una di quelle che lei conosce, di quelle che la danno facile” “Porca miseria Mario, per penitenza reciterai 30 Ave Maria e 30 Paternostro, però mi devi dire con chi sei stato, devo redimere anche quell’anima smarrita” Mario – “O Padre ma come posso, non lo dirò mai” Padre Ernesto – “Ma chi era, Maria di’Mecchi?” Mario – “No padre sarò una tomba” Padre Ernesto – “Allora Gina di’Rocchino? Mario -“ma come posso, mi sentirei un traditore” Mario – “Sarò muto come un pesce” Padre Ernesto – “Ho capito Carla della Marisa” Mario – “mi spiace ma la mia bocca resterà chiusa” “va bene disse” Padre Ernesto “lo scoprirò da solo, ego ti absolvo” Mario si fece il segno della croce e si avvicinò a Gigino, rimasto nelle prime panche della chiesa, che gli domandò curioso “allora icchè tu hai fatto” “L’è andata benissimo ora ci s’ha cinque nomi, su quelle si va su i’sicuro” GIORNO DEL LUNEDÌ“Di quel che successe nella bottega della Signora Fiorenza nei giorni del Perdono.” Nel vivace paese di Terranuova, la quarta domenica del mese di Settembre, si tiene da più di quattrocento anni una grande fiera. Viene chiamata Perdono, come anche in molti altri luoghi del Valdarno, ma in verità bello e grandioso come quello di Terranuova non ve n’è. Per questi giorni, Terranuova si veste a festa, piena di banchi di ogni genere di merce. Da ogni parte vengono i commercianti, molti sono i luoghi per mangiare le prelibatezze toscane e dell’Italia tutta. Unica è la fiera degli animali e degli uccelli da richiamo, con la gara fra persona capaci di imitare perfettamente il canto degli uccelli. Giostre fantastiche allietano piccoli e grandi, una ricca tombola viene “tirata” il lunedì,mentre dei fantasmagorici fuochi d’artificio concludono la quattro giorni. I negozianti Terranuovesi si sentono particolarmente investiti e fanno a gara a chi fa la bottega più bella. Nel bel centro della via principale, la Via Roma, la signora Fiorenza gestisce da tanti anni un fornito negozio di alimentari. Famosa per la sua tirchiaggine, la Fiorenza non fa sconti a nessuno. Fa pagare tutti fino all’ultimo centesimo e nei salumi pesa anche il piombino di chiusura degli insaccati. Durante il Perdono mette in bella mostra gli alimenti più belli. La porchetta è sempre presente, anche se nei panini, peraltro buonissimi, fa pagare a peso anche l’incarto. Accadde all’ultimo Perdono, che ci fosse davanti all’entrata della bottega della signora Fiorenza, un grande catino con un bel baccalà a bagno pronto per essere venduto. Tutti i passanti si soffermavano e facevano i complimenti alla padrona per il baccalà e lei, seduta accanto alla porta per sorvegliare la mercanzia, sventolandosi con un foglio giallo e il vecchio grembiule legato intorno alla vita, si inorgogliva per quei salamelecchi. Proprio mentre parlava con dei conoscenti, passò un vecchio cane barbone.Con un gesto fulmineo afferrò il baccalà dal catino e scappò via. La Fiorenza non perse tempo e cominciò a rincorrerlo: “fermatelo, al ladro, figlio d’un cane”. La gente si girava e cercava di scansare la donnona, anche perchè l’impatto sarebbe stato devastante. Più il cane correva più la Fiorenza gridava e gli era dietro. Nel correre cozzò contro i banco dei dolci, buttando in terra brigidini e croccanti; rovesciò quello delle camicie facendole volare per l’aria e staccò un gruppo di palloncini che volarono in alto. Tutta la via fu messa a soqquadro finché finalmente il cane ormai stanco e con la Beppa alle costole, lasciò la presa e il baccalà finì in terra tra i piedi della gente. La signore Fiorenza, biascicando tra sé e maledicendo la povera bestia riprese il baccalà, tutta rossa, sudata e arruffata. Tornò con la preda alla bottega e fra le risate del pubblico che si era raggruppato davanti alla negozio, rimise con tranquillità il baccalà a mollo e si rimise a sventolarsi come se nulla fosse accaduto (Continuano le giornate nella prossima settimana)