OCCORREVA IL CORONAVIRUS PER COMPRENDERE L’IMPORTANZA DELLO SMART-WORKING?
Una delle poche cose positive che ha portato il Coronavirus (a parte far uscire allo scoperto irresponsabili egoisti), è una maggior consapevolezza, si spera, riguardo l’importanza dello smart-working. Sento, in questi giorni, la mi’ mamma insegnante parlare con colleghe al telefono di “piattaforme”, “iscrizioni”, “caricamenti”. Vedo mia sorella copiare appunti davanti a uno schermo. Il tutto vissuto con emozioni contrastanti: curiosità, stranimento, entusiasmo, fastidio, praticità o incapacità. Che si tratti di telelavoro o di studio online, è inconcepibile che nel 2020 le nostre aziende e le nostre scuole (Università in primis) non siano attrezzate per una produttività e formazione a distanza. È assurdo come gli smartphone siano diventati un’appendice del nostro corpo, ormai, ma al tempo stesso non siamo organizzati per rendere davvero le nostre vite più semplici. Sarebbe troppo facile tirare in ballo la disabilità, sottolineando il fatto che sono meno di 1/3 gli studenti con disabilità iscritti in una facoltà che riescono davvero a laurearsi, per mancanza di strumenti e agevolazioni tecnologiche. Oppure, citare le persone che non possono svolgere un lavoro fisico in ufficio o fare i pendolari, oppure quelli che per malattia, incidenti o imprevisti di qualunque tipo (personali o anche familiari) devono prendersi un momento di “domiciliari”. L‘accessibilità e l’inclusione riguardano tutti, indistintamente. Perché chiunque dovrebbe essere libero di scegliere come, quando e quanto essere attivo, nel modo per lui più congeniale. Perciò, che questa sia l’occasione per darsi una mossa allineandosi con chi, al passo coi tempi, ha capito quali siano le potenzialità e l’importanza di certe risorse, che non sono mai spese bensì investimenti di crescita. Il Coronavirus, almeno in questo, è stato democratico. Facciamo sì che la sofferenza sia servita a qualcosa. PS: quando mi chiamano a fare conferenze mooolto lontano, o in giorni in cui non sono totalmente libero, la mia agenzia propone sempre la soluzione “Skype”, e solo la minoranza può organizzarsi. Stiamo parlando, nella più arrangiata delle ipotesi, di un computer, due casse e una connessione internet. Per me è assurdo.
