CRONACA DI UNA ORDINARIA MATTINA DI SPESA IN TEMPO DI VIRUS

CRONACA DI UNA ORDINARIA MATTINA DI SPESA IN TEMPO DI VIRUS

Splendida giornata di sole, nella mia città, sole che, ruffiano, dice sempre:- vieni sul lungomare a passeggiare- In tempo di coronavirus non è consentito. Mi preparo però, per andare a fare la spesa. Compilo l’autocertificazione, indico il tragitto da percorrere e le attività che vado ad espletare. La dato, la firmo e la conservo in borsa. Esco di casa non senza prima avere abbracciato i miei figli (puledri chiusi in un recinto, scalpitanti e pieni di energie inespresse), come se partissi per una missione sullo Shuttle. Ed ecco l’impatto con la realtà. Oltrepassato il cancello di casa, un mondo surreale si apre al mio sguardo. La macchina percorre una strada deserta. Una strada che tre giorni fa pullulava di vita e di traffico snervante. Oggi è il leggero rumore del mio motore a disturbare un asfalto carezzato dal sole. Direzione supermercato. Come Wonder woman che deve compiere una missione per salvare l’umanità. Un segnale, un alt. Una pattuglia di polizia mi ferma. Dotati di kit anti contagio. Mi chiedono autocertificazione. Come la prima della classe con orgoglio e gesto solenne la consegno. Un percorso descritto puntualmente, con spostamenti millimetrici. Forse sorridono. Non lo so. Indossano la mascherina. Li saluto ringraziandoli, felice di averli trovati in quella curva. Per loro, per me, per noi. Giungo davanti al piazzale del supermercato. È l’ora di punta di un venerdì vigilia di una chiusura obbligata per decreto. Una fila ordinata, rispettosa della distanza di sicurezza. Sono l’unica a non indossare la mascherina ( prenotata da giorni in farmacia e ancora non pervenuta). Ne provo quasi imbarazzo e mi avvolgo con la sciarpa che porto al collo. Si entra in maniera disciplinata , pochi per volta e sempre rispettosi delle distanze di sicurezza. La vigilanza del locale lo rammenta sempre e a tutti. Non mi crogiolo dentro. Ho rispetto per chi è fuori in attesa sotto il tepore del sole. Come me fanno gli altri. Usciamo poco dopo. Ognuno diretto verso la sua vita, momentaneamente , da reclusi. Mi avvicino alla macchina, in cuor mio orgogliosa di come la mia città stia reagendo, di come il pensiero per altri stia pilotando il nostro vivere, la nostra quotidianità. Sappiamo che solo la disciplina in questo momento potrà sopperire alle lacune e ai deficit del nostro Sistema Sanitario regionale. E ci adeguiamo. Per una volta non ci rassegniamo. Cooperiamo affinché il nostro poco sia il tanto per chi fra di noi dovrà lottare per sopravvivere. C’è ancora una volante vicino al mio posto auto. Controlla che non vi siano liti o confusione che sappiamo essere pericolosa . Istintivamente busso al finestrino. Il poliziotto mi guarda. Non apre. Gli dico : -Grazie- attraverso il vetro e vado via . In quel Grazie vi è il mio abbraccio e la mia gratitudine verso ogni Servitore dello Stato: medici, infermieri, tecnici, forze dell’ordine che anche oggi con il loro impegno e sacrificio mi rendono orgogliosa di sentirmi Italiana.