IL RASCHIO IN GOLA

IL RASCHIO IN GOLA

Ho il raspino in gola. Da 45 anni. Tutte le mattine alle 9 e ogni sera prima di dormire. Nel ’71, con alcuni anni di raspo liceale alle spalle, sono a lezione in un’auletta dell’università. E sono le 9. La compagna davanti a me si gira, è furiosa: Basta! Vai a raschiare in corridoio! Mi alzo e chiedo scusa. Soprattutto perché era molto carina. Da quel giorno ho cominciato a chiamarlo “raschio”. Da decenni in famiglia sono quello del “raschio”. Stamattina alle 9 sono in coda davanti al mini market, qui vicino a casa. Davanti ho solo una signora (diciamo così) che urla al telefono, forse alla figlia, di non uscire perché per strada c’è il “goronavirus”. Trattengo un po’ il raschio, lo soffoco, lo mimetizzo, non ho nemmeno una caramella al miele (ne avrò mangiate 3 milioni in questi anni). La, diciamo signora, volta il suo corpaccione rivestito da un giaccone sintetico verde, verso di me, e mi fissa con lo sguardo di una che si chiede come mai sono ancora a piede libero. Ecco, è lì che mi è venuta in mente quella ragazza dell’università. Ma non era lei.