“O MIA BELA MADUNINA”, QUALCUNO CONOSCE DAVVERO DI COSA PARLA?

So che qualcuno si è commosso sentendo un tizio che a Milano, durante il flash-mob di ieri, suonava alla tromba “O mia bela Madunina”. Massimo rispetto. Se uno si commuove, si commuove. Ma qualcuno, oggi, sa di che cosa parla davvero quella canzone? Secondo me lo sanno veramente in pochi. La canzone fu scritta da Giovanni D’Anzi nel 1934, per prendere in giro (bonariamente, per carità) i napoletani; in realtà, per tentare di “contrastare” la canzone napoletana che grazie alla sempre più potente industria discografica stava spopolando in tutto il paese. Inoltre, in quegli anni ’30, l’emigrazione interna stava crescendo e sempre più “terroni” arrivavano a Milano. Insomma, non mi sognerei mai di proibirla o di stigmatizzarne l’ascolto, ma “O mia bela Madunina” è una canzone un po’ razzista! La prima strofa, che nessuno canta mai (in realtà tutti conoscono bene solo il loro ritornello) dice: A disen la cansun la nass a Napulie certament g’han minga tutt i tortSurriento, Mergellina tutt i popoliI’avran cantada almen un miliun de voltmi speri che s’offendera nissunse parlom un cicinin anca de num. Traduzione: “Dicono che la canzone nasce a Napoli, e certo non hanno tutti i torti. Sorrento, Margellina, tutti i popoli le hanno cantate almeno un milione di volte. Spero che non si offenderà nessuno se parliamo un po’ anche di noi”. O mia bela Madunina che te brillet de lontantuta d’ora e piscinina, ti te dominet Milansota a ti se viv la vita se sta mai cui man in mancanten tucc “lontan de Napuli se mor”ma po’ vegnen chi a Milan. Traduzione: “O mia bella Madonnina che brilla da lontano, tutta d’oro e piccolina, tu domini Milano. Sotto di te si vive la vita, non si sta mai con le mani in mano. Cantano tutti ‘lontano da Napoli si muore’ ma poi vengono qui a Milano”. Seee. Ci venivano perché erano morti di fame, poveracci.Poi ce n’è anche per Roma: Adess ghè la cansun de Roma magicade Nina er Cupolone e Rugantinse sbaten in del Tever, roba tragicaesageren, me par, un cicininSperem che vegna minga la maniade metes a cantà “Malano mia”. Traduzione: “Adesso c’è la canzone di Roma magica, di Nina, il Cupolone e Rugantino. Si buttano nel Tevere, roba tragica, mi pare che esagerino un pochino. Speriamo che non venga la mania di mettersi a cantar ‘Malano mia’”. Confesso che questa strofa mi fa ridere. Che D’Anzi parli di Roma come “magica” anticipa di mezzo secolo la Curva Sud. La rima magica/tragica, ammettiamolo, è azzeccata. Poi si ripete il ritornello. E c’è un’ultima strofetta: Si vegnì senza pauranum ve slongaremm la mantutt el mond a l’è paes e semm d’accordma Milan, l’è un gran Milan! Traduzione: “Se venite senza paura noi vi allungheremo la mano. Tutto il mondo è paese, siamo d’accordo, ma Milano è un gran Milano”. Ci tengo anche a sottolineare una cosa, da milanese doc: il dialetto di questa canzone è spesso assai maccheronico. E il finale su “Milan l’è un gran Milan” è una di quelle cose a metà fra il campanilistico e il bullo, in stile “Roma capoccia” (altra canzone che non mi è simpatica). Insomma, “O mia bela Madunina” è secondo me una canzone un po’ del cavolo. Se volete capire l’anima profonda della Milano canterina, ascoltate Svampa, o Jannacci, o la “Ballata del Cerutti” di Gaber o “Ho visto un re” di Jannacci e Fo o anche “Ma mi” di Strehler e Carpi (dove pure se la prendono con un “terùn”, ma almeno è uno sbirro fascista). Abbiamo avuto grandissimi cantanti e cantautori e possiamo esibire cose molto migliori. La più grande canzone milanese è, senza discussioni, “El portava i scarp del tenis” di Jannacci. N.B. La foto in cui la Madonnina viene fatta esplodere è l’incipit del geniale “Vogliamo i colonnelli”, film di Mario Monicelli.