CORONAVIRUS, I NUOVI FURBETTI DELLE FILE

CORONAVIRUS, I NUOVI FURBETTI DELLE FILE

Vado sempre prima delle 14 a fare la spesa. Ovvero, a comprare una o due cose che dimentico appositamente per il giorno dopo.Il super, in piazza Zama, è a 100 metri da casa mia. Non c’è un’anima in giro, giusto così. Il paesaggio, tra saracinesche abbassate e tricolori alle finestre, ha un che di kafkiano, day after e blade runner mescolati. Cielo blu e temperatura primaverile completano la beffa.Arrivo e ci sono tre persone in fila. Siamo tutti con mascherina e guanti e ci teniamo a distanza.D’improvviso, quando il prossimo turno di entrata sarà il mio, ecco un distinto signore sulla sessantina. Capelli brizzolati, un metro e 70, non ha protezioni e si nota per la sua eleganza: vestito blu con righetta celeste, camicia bianca con gemelli, cravatta azzurrina e scarpe diplomat, nere. Stona un po’ tanto quel Rolex tutto d’oro bianco, ma nessuno è perfetto.Il distinto signore ignora la fila, forza il blocco e prova ad entrare. Lo ferma un addetto del supermercato, oltre alle nostre grida. Lui aggrotta la fronte, si fa tutto rosso in viso ed esclama: “Io lavoro, devo entrare, sono l’avvocato x!”.Alle mie spalle sento un liberatorio: “E chi se ne frega non ce lo metti?”.Ci pieghiamo in due dalle risate, mentre l’azzimato avvocato scompare in un attimo.Un furbetto dei nostri tempi. Un pazzo dei nostri tempi. Non saprei.Andiamo avanti così, facciamoci del male…