MATTEO DA GUALDO, BIZZARRA FIGURA DI PITTORE NOTAIO
“Curioso divertente ritardatario” Pietro Scarpellini l’ha definito così il quattrocentista Matteo da Gualdo. Bizzarra personalità pittorica capostipite d’una singolare famiglia di pittori notai ha espresso la sua stravagante irrequietezza nel territorio di Gualdo Tadino e nelle vicine Assisi e Nocera Umbra. Artista dalla prospettiva approssimata e dalla fantasia irreale i cui mutamenti di rotta a volte sono al limite del paradosso, la cui posizione nella storia dell’arte deriva dal pionieristico intuito di Roberto Longhi che per primo indirizzò l’attenzione verso ambienti locali ed eccentrici rispetto ai grandi centri dell’arte. Geniale Modigliani del suo tempo ha lasciato l’impronta nel territorio appenninico tra l’Umbria e le Marche, come ha fatto con l’edicola votiva alla Galleria nazionale dell’Umbria proveniente da una casa colonica di Colle Aprico a Nocera Umbra. Firmata in un cartiglio a sinistra; al centro la madre, con un gesto usuale in Matteo, copre premurosa con un velo il “pisellino” del figlio; in alto l’Eterno e negli sguinci san Sebastiano e sant’Antonio Abate, quest’ultimo amatissimo nelle campagne umbre dove quando s’entrava nella stalla il saluto, riferito agli animali, era “sant’Antonio li protegga” e il mezzadro rispondeva “sant’Antonio lo faccia” Un’edicola con un’eco camerte nella quale Matteo ha temperato i suoi estri. Vicina alla cultura contadina e al modo d’essere in campagna testimonia dell’arte diffusa nel territorio, di simili se ne incontrano ancora nella campagna umbra volute per dire grazie per pericoli scampati o da prevenire. Adatta al tempo che stiamo vivendo e per ringraziare chi dalla Galleria nazionale dell’Umbria racconta le opere per ricordarci che l’arte – sebbene ora chiusa nei musei, oratori e chiese a causa dell’epidemia da corona virus – continua a parlarci, a dire di sé e di noi.
