CRONACHE DAL FRONTE (10)
Cosa facciano i detenuti appena escano di prigione – qual è cioè il primo posto dove vanno e a chi fanno la loro prima visita – non loso, anche se – lo confesso – è un quesito che da sempre mi incuriosisce. So però che io stamattina, finalmente libero, mi sono diretto come un automa verso il primo cassonetto dell’immondizia, per sbarazzarmi di tutte le scorie, alimentari e non, accumulate con perizia, busta dopo busta, durante la mia quarantena. Poi sono passato davanti al mio bar – sì, mi è scappata una lacrima scorgendo il cartello “Chiuso fino a non si sa quando” – e infine, per ridarmi contegno, mi sono diretto verso la farmacia, con la speranza di poter fare la mia bella scorta di mascherine e guanti, da bravo cittadino. Com’era prevedibile ho trovato invece un cartello che diceva a caratteri cubitali “NO MASCHERINE “. Ma sono entrato lo stesso e il farmacista mi ha finalmente trattato come un cliente di rango quale io penso di essere: non per altro, ma lì dentro io ci spendo una fortuna, tutti i mesi, e quindi, un minimo di riguardo, no? E infatti lui mi ha regalato una mascherina della sua scorta personale – come un vero pusher, di quelli che sanno come incentivare il vizio – e mi ha anche regalato un aneddoto che mi ha messo di buon umore per tutta la giornata. Pare che una signora, alla vista di quel cartello “NO MASCHERINE” si sia bloccata davanti all’entrata e abbia urlato: “Cosa vuol dire? Che voi non ne avete o che noi dobbiamo levarcele per entrare? Si spieghi meglio”. Per il resto questa mia prima giornata da italiano non più costretto all’isolamento in casa l’ho passata in apnea. Stupito. Incredulo. E ben disposto, verso tutto e verso tutti. Dovendo lavorare in esterni con la mia troupe – a fare immagini della desolazione romana – sono riuscito a godermi un po’ di sole e ho respirato l’aria dolce e frizzante di questa primavera anticipata, ben sapendo che quest’anno per colpa del coronavirus riusciremo a godercela ben poco ma, proprio per questo, convinto che bisogna centellinarne e goderne al massimo gli odori e i sapori. Ho anche visto all’opera e apprezzato questo nuovo Galateo che il virus ci impone e che, spero, duri per sempre. Mi riferisco a questa maggiore attenzione all’altro, nata dalla consapevolezza che possiamo infettarci – e quindi farci del male – anche non volendo. Non a caso per strada, negli uffici e nei negozi, le gentilezze si sprecano, e i toni sono più bassi. Le file davanti ai negozi dono ordinate e di petfitempo a zonzo per la città ne ho vidti pochi. Anche i clacson mi pare siano meno volgari, i motociclisti più disciplinate e pochi sono quelli che passano col rosso. Chissà, magari dura. N.B. In foto la mascherina regalatami da mio farmacista
