LA SOLITUDINE (E I RISCHI) DEI CAMIONISTI CHE ATTRAVERSANO L’AMERICA
Autostrade deserte, città deserte, nessun posto dove avere un pasto caldo. Desolazione. Solitudine. E poi i bestioni rossi, neri, gialli, con cromature argentate. Sono i giganteschi Tir che coprono miglia e miglia da un lato all’altro dell’America. Sembra di essere in Mad Max, raccontano gli autisti ai giornalisti. Oggi sono loro – come in Italia – a mantenere aperta la linea dei rifornimenti, con grandi difficoltà. Circa 3 milioni di uomini e donne che, come tutti, vedono incerto il loro futuro. Restano chiusi nelle loro cabine per quasi 24 ore. Escono solo per consumare un panino oppure riscaldarsi qualcosa su una piastra portatile. Regole strette per le consegne: non prevede alcun contatto e deve essere rapida. Ognuno firma le carte con la sua penna. I camionisti dormono nella cuccetta posteriore su un materassino, si distraggono durante le soste con un Dvd, uno sguardo sul web. È una categoria a rischio per due ragioni: si muovono e vanno ovunque anche nei focolai; il loro stato di salute spesso non è perfetto (diabete, grandi fumatori, ore e ore seduti). Inoltre la maggioranza non ha l’assicurazione sanitaria. Le associazioni hanno chiesto al governo meno regole e avvertono che le cose potrebbero andare peggio. Adesso c’è una grande richiesta di trasporti, ma una chiusura prolungata potrebbe incidere sul lavoro «on the road». Trump li ha saluti con un semplice post su twitter: grazie.
