PROVOCAZIONE: E SE IL FILM PIU’ BELLO DI SEMPRE FOSSE…

PROVOCAZIONE: E SE IL FILM PIU’ BELLO DI SEMPRE FOSSE…

Sì, provocazione. Ma fino a un certo punto. Molti di voi sanno che sono molto parziale nei confronti del cinema sovietico degli anni ’50 e ’60: la generazione dei “sestidesjatniki”, i ragazzi degli anni ’60, che negli anni di Krusciov e del “disgelo” hanno fatto film straordinari. Ho appena rivisto, per motivi che forse un giorno rivelerò, uno dei film più importanti di quegli anni: “Zastava Iliča / Mne Dvadzat’ Let”, di Marlen Khutsiev. Il film, come molti di voi sanno, ha due titoli perché Krusciov in persona impose di cambiare il primo. “Zastava Iliča” significa “il bastione di Ilič”, ovvero di Lenin, da una piazza di Mosca – per estensione, era il nome di tutto il quartiere. Completato nel 1963, il film uscì solo nel 1965 con il secondo titolo che significa “Ho vent’anni”, ed è per lo più noto così in Italia (noto, insomma… per chi lo conosce). Krusciov impose una mezz’ora di tagli che portarono il film da oltre tre ore alla durata “ufficiale” di due ore e quaranta. Anche così, era meraviglioso. In anni di perestrojka la versione completa è stata resa pubblica, e comprende in forma più lunga la famosa “serata dei poeti”: a un certo punto Sergej e Anja, i due giovani protagonisti, vanno in una sala allora celebre (il “Politecnico”) e ascoltano un recital dei poeti che nell’URSS di allora erano come rockstar: Evtusenko, Voznesenskij, Okudzava, la Achmadulina… per una mezz’ora il film si scorda di essere un film e diventa un documentario, sì, proprio il “cinema del reale” che oggi sembra chissà che trovata. Per il resto è la cronaca delle giornate di tre amici, uno reduce dal servizio militare, uno sposato, uno farfallone; delle ragazze che incontrano, della vita a Mosca nei primi anni ’60. Il film c’è tutto su YouTube, in entrambe le versioni. C’è una copia con il titolo “Mne Dvadzat’ Let” di ottima qualità. Le copie con il titolo originale sono meno belle, ma sono complete. Sono rimasto attonito dalla bellezza del film, e sono ancora commosso al pensiero di aver intervistato Khutsiev a Mosca nel 1989, quando stava lavorando al restauro (credo di aver poi visto il film sempre al festival due anni dopo, nel ’91). Ci sono scene incredibili anche dal punto di vista tecnico. La lunga scena in cui Sergej incontra Anja è girata durante una festa del Primo Maggio, comincia con la parata e finisce con i fuochi artificiali, tutto dal vero, tutto macchina a mano, tutto tra la folla (per 15-20 minuti), con una fotografia in bianco e nero – di una donna, Margarita Pilichina – semplicemente pazzesca. E’ un film che si mangia in insalata tutte le Nouvelle Vague europee, per lo stile, per la profondità psicologica, per il respiro storico e ideologico, per la bellezza pura. La foto qui sotto è il momento in cui un ragazzo, a una festa, porta una scodella di patate lesse che diventeranno il “cuore” del party. Quello con la scodella in mano è Andrej Konchalovskij, quello accanto a lui è Andrej Tarkovskij: giovanissimi e, per una volta, attori. Tarkovskij a un certo punto balla il twist e alla fine della scena si becca un ceffone da una ragazza. E’ un film-mondo, che fa venire un’assurda nostalgia di un’URSS che forse è vissuta solo “dentro” questi film. Pieno di energia, di gioventù, di voglia di amare e di vivere. Forse – questa è la provocazione – è il più bel film mai fatto.