VEDO ORA PER CASO IL PAPA IN UNA CHIESA VUOTA

VEDO ORA PER CASO IL PAPA IN UNA CHIESA VUOTA

Vedo ora per caso il papa, solo in una chiesa vuota. Solo in una chiesa disadorna, col pavimento di marmo lucido, quasi un obitorio. Celebra messa da solo, comese fosse impazzito. Sparpagliati, a distanza di sicurezza, con le mascherine come i ministri del governo slovacco che hanno giurato ieri: ma qualcuno avrebbe dovuto esserci. Non quel pavimento e un nastro registrato con le voci dei fedeli e le musiche. “Scambiatevi il segno di pace”, dice. E diventa di colpo un invito surreale. Bastavano tre persone a guardarsi negli occhi, a sorridersi, in rappresentanza dei millemila che fino all’altro giorno affollavano piazza san Pietro. Mi fa una gran pena quell’uomo, costretto a dire messa come se fosse una farsa. E invece, in questo momento di sgomento, di paura di tutti, per quelli che credono dovrebbe essere più forte il grido, più forte l’invocazione a Dio. La sua, e quella dei milioni che credono al Dio, ai suoi disegni imperscrutabili, o al fatto che ci salvi prima o poi da questa apocalisse. Ma così, quella che fanno officiare la papa è una cerimonia funebre. (Potevano starci, tre persone, a distanza di sicurezza come al supermercato. Rispettando tutte le misure di sicurezza, ma potevano starci. A rappresentare tutti quelli che non ci sono. Magari un diacono, mezzo chierichetto, due sacerdoti. E’ un rischio, dirai. Anche andare al supermercato: ma quello è vitale, dirai. Ma se uno crede, non dovrebbe essere incommensurabilmente più grande il valore della vita eterna rispetto a quello di un chilo di pere? Avrebbero testimoniato la loro fede in un momento cruciale della storia di questa religione, e dell’umanità intera: i primi cristiani nell’antica Roma, mandati a far da merenda ai leoni, rischiavano comunque di più. Ci credevano anche un po’ di più?).