CENTRO STUDI CONFINDUSTRIA. FORTE SHOCK SULL’ECONOMIA ITALIANA, COLPITI AL CUORE
L’economia italiana era un bersaglio vulnerabile, e per questo l’impatto dell’emergenza Covid-19 è stato micidiale. Lo afferma il Rapporto del Centro Studi di Confindustria appena pubblicato, nel quale sono indicate le stime per l’economia del Paese concernenti il biennio 2020/21. Visto in prospettiva lo scenario è poco incoraggiante, e non serve nemmeno illudersi che i segni dell’aggressione lasciati dal covid saranno dispersi da chissà quale ingegnoso programma in tempi brevi, le orme di questo passaggio saranno dure da cancellare, su ogni aspetto della vita sociale ed economica. Occorre davvero rimboccarsi le maniche e ‘ricostruire’ ciò che è crollato sotto i nostri piedi, con coraggio e dinamismo. Intanto però le previsioni sono più dure di quanto si potesse intuire: secondo il Centro Studi di Confindustria, nel primo semestre dell’anno in corso, la perdita in termini di Pil ruota intorno al 10%, e riprendere quota non sarà semplice come riaccendere un interruttore spento. Sul piano tendenziale la flessione dovrebbe essere, per il 2020, del 6%. Con le prime schiarite tornerà anche l’ottimismo e il prossimo anno il Pil dovrebbe attestarsi su +3,5%. E sarebbe già un bel passo avanti. Ora è necessario non perdere le certezze sulle buone basi del tessuto produttivo del paese, che sul manifatturiero, per esempio, ha sempre messo in luce la sua eccellenza. Ma si può essere ottimisti anche sulla ripresa del turismo, della domanda interna, dei consumi, che di conseguenza riporteranno su valori normali anche l’indice di fiducia relativo ad imprese e famiglie. Semplicemente questi studi invitano certo a tenere i piedi ben piantati al suolo, a prendere atto della mezza catastrofe che sta risucchiando in una spirale l’economia dell’intero pianeta, e a percorrere a ritroso la via del ‘rientro’ con tutti i mezzi disponibili, adottando ‘protocolli’ d’urgenza e stimoli per andare oltre questa sponda insidiosa. Gli studi di Confindustria comprendono anche un’analisi dettagliata dell’evoluzione riguardante i fattori geo-economici più in rilievo per il nostro Paese. Secondo queste stime si potrà davvero ripartire alla fine di maggio, allorché le dinamiche relative alla curva dei contagi avrà assunto valori tali da permettere la ripresa di ritmi normali, solo così potranno essere gradualmente riaccesi tutti i motori dell’economia. Non c’era scampo alla severità degli interventi sanciti dai vari decreti emanati dal Governo: fermarsi e bloccare l’attività produttiva era l’unico modo per arrestare la fuga dei contagi e l’emergenza sanitaria che ha creato, paralizzando buona parte dell’attività umana. L’autentico recupero, secondo gli economisti di Confindustria, è atteso per il 2021, che non sarà nemmeno ‘remissione’ totale, ma ‘parziale’, dato che si rende necessario in primis riempire i vuoti che la pandemia ha lasciato dietro di sé. Nel rapporto di previsione sull’economia italiana, gli studi di Confindustria puntano il focus sulle aree maggiormente colpite, sull’importanza dei comportamenti individuali e collettivi,‘le relazioni tecnologiche tra fattori produttivi ed output, i meccanismi consolidati di trasmissione delle politiche pubbliche. Sull’alterazione dei rapporti internazionali di scambio’. Si insiste sull’esigenza di tutela del tessuto produttivo e sociale della Nazione, che implica le dovute attenzioni nei confronti di lavoratori, famiglie e imprese, attraverso strategie e mezzi d’intervento opportuni e adeguati all’emergenza, per riprendere il filo con il futuro. Ma il monito è costante in questo Rapporto: occorre fare presto, agire senza riserve e con risolutezza verso la crisi che sta già proiettando i suoi effetti nella società. Negli altri paesi colpiti dal covid-19, si avverte già il fermento delle misure volte a cancellare gli effetti ‘tossici’ dell’emergenza nel versante produttivo, e dei costi che ha comportato, in particolare quelli di carattere umano, e poi economici. Si tratta di uno schock senza precedenti per l’economia, che è stata colpita al cuore – afferma Confindustria – sottolineando che si tratta di shock congiunto di offerta e domanda, conseguenti al blocco di una parte rilevante dell’attività produttiva. Circa un mese fa l’Associazione degli imprenditori aveva avviato un’indagine tramite un questionario online, per tastare il polso alle imprese italiane. Il primo dato in rilievo è stato il senso di preoccupazione riscontrato, molto forte. Hanno risposto al questionario oltre 6 mila imprese, e il clima emergenziale è stato così ampiamente indagato nei suoi molteplici aspetti, su scala territoriale e settoriale. Nell’ultimo Rapporto si mettono in rilievo la gravità dell’emergenza in atto e il fatto che le prospettive economiche siano di conseguenza gravemente compromesse. Ipotizzando che la fase di criticità esaurisca il suo corso verso la metà del secondo trimestre, si stima che tornino in attività nel settore manifatturiero la seguente percentuale d’imprese: ad aprile il 40% inizio mese – 60% fine mese. Maggio: il 70% riprenderà il ritmo ad inizio mese – il 90% alla fine. Giugno: il 90% all’inizio e il 100% alla fine del mese. Previsione ottimistica che dovrebbe concludere il ciclo della ripresa delle attività nel settore. Con il ripristino dei ritmi produttivi, la contrazione del Pil sarà ‘fisiologica’, nonostante il ‘protocollo di cura’ con interventi mirati e stimoli provenienti da diverse direzioni (Unione europea e Bce comprese). Secondo le analisi dei tecnici di Confindustria, non si potrà riparare lo strappo neppure nel secondo trimestre del 2020, poiché sul piano congiunturale, rispetto alla fine del 2019, la frenata del Pil (come già precisato), sarà di circa il 10%. Nel secondo semestre non si potrà volare, dato che emergerà la fragilità acquisita in termini di domanda di beni e servizi. Si tratta di stime, suscettibili di aggiustamenti, considerato il periodo caratterizzato dall’incertezza degli eventi legati all’emergenza sanitaria. Le tabelle pubblicate nell’analisi, mettono in evidenza che “ogni settimana in più di blocco normativo delle attività produttive, secondo i parametri attuali, potrebbe costare una ulteriore percentuale di Pil, dell’ordine di almeno lo 0,75%.” Saranno le scelte di politica economica vagliate dal Governo a fare la differenza. Se saranno mirate ed efficaci, se ‘la cura’ sarà diretta a sanare le ferite in modo sollecito ed efficiente, la ripresa sarà più spedita e i risultati di conseguenza emergeranno. Particolare attenzione dovrebbe essere rivolta al recupero del tasso di occupazione: il mercato del lavoro è stato drammaticamente colpito e occorrono misure idonee a mobilitare rilevanti risorse, soprattutto nell’ambito degli investimenti. Importante secondo le conclusioni del Centro Studi di Confindustria, l’intervento delle Istituzioni europee, che proprio ora devono fare sentire la loro presenza, con un sostegno forte e strumenti che corrispondano alla logica di ‘whatever it takes’. Non ci può essere spazio per i nazionalismi che soffiano come venti sinistri in sordina, ma per la cooperazione e solidarietà tra gli stati membri, nell’interesse comune, affinché abbia senso lo spirito che caratterizza l’Unione europea.
