ORNEORE METELLI, IL PITTORE NAIF DI TERNI
Orneore Metelli fino ai 50 anni aveva manifestato il proprio estro artistico come calzolaio ottenendo riconoscimenti anche internazionali e da suonatore di bombardino nella banda di città, solo al sopraggiungere d’una malattia che gli impedì di continuare a suonare prese in mano colori e pennelli. Quindi, pittore novello ma uomo maturo già dotato d’un bagaglio interiore di ricordi, osterie frequentate, opere viste a teatro che alimentava la nostalgia per un mondo sulla via di sparire nel momento in cui l’industrializzazione, sebbene non avesse ancora dato origine alla civiltà di massa, iniziava a modificare una città, gli stili di vita, i modi d’essere. Pittore senza scuola, di nostalgia e sogno, che dipingeva i suoi luoghi, le sue piazze, i suoi ricordi tra le pareti di casa per genuina spinta interiore. Travasando nella pittura, a volte con l’aiuto di qualche cartolina, quanto nel corso degli anni aveva immagazzinato nella memoria e nell’intimo della coscienza. Nei suoi quadri sorprende la sensibilità e la comprensione della terra umbra, le atmosfere che lo avvicinano all’assisiate Riccardo Francalancia, mentre le arbitrarie prospettive urbane per l’intensità spirituale degli spazi sembrano la versione autodidatta e popolare delle alte, colte e umanistiche visioni metafisiche di De Chirico. Alle 5 del mattino del 26 novembre 1938, intento a dipingere “Uscita dal teatro”, Orneore Metelli morì a Terni la città che con le sue vedute, fiere, interni, teatri, processioni è stata di fatto l’unica sua fonte d’ispirazione grazie alla quale riuscì a comprendere e manifestare il suo universo interiore. La grazia ingenua ma salda di Metelli fu scoperta dallo scultore ternano Aurelio De Felice che vide i suoi quadri nella cantina dove dipingeva e lo pose all’attenzione della critica che ebbe, così, la possibilità di conoscere il senso fiabesco della sua pittura e la meraviglia che suscitava in lui il piccolo mondo che l’aveva circondato.
