ISRAELE. ULTRAORTODOSSI E (FORSE) ARABI ISRAELIANI NUOVO FRONTE DEL CORONA VIRUS.
Se da un lato i numeri dei contagiati e dei decessi in Israele dovrebbero dare l’impressione di una situazione sotto controllo, dall’altro due settori della popolazione stanno alzando enormemente il livello di emergenza del covid 19. Cominciamo coi numeri: su una popolazione di 9 milioni di abitanti i decessi sono per il momento 44, il numero dei contagi supera i 7.500 e i casi gravi sono circa 115, 100 dei quali collegati ai respiratori. Rispetto alla stragrande maggioranza degli altri paesi occidentali sono cifre irrisorie, e infatti Israele è considerato uno dei paesi più sicuri, almeno per il momento, dove trascorrere l’emergenza. Ma analizzando un pò più profondamente i dati allora emerge che la stragrande maggioranza dei malati provengono dalle comunità degli ebrei ultra ortodossi. Nella città di Bnei Berak, 200.000 abitanti, si calcola che la percentuale dei contagiati si aggiri attorno al 30-35%. E Bnei Berak si trova a pochissimi km da Tel Aviv. La città è stata messa in isolamento e l’esercito e la protezione civile stanno gestendo l’emergenza. Il problema è che le comunità ultra ortodosse hanno tutte le caratteristiche utili a propagare il contagio anziche ridurlo. Si tratta di famiglie numerose, la media è di 7,5 figli, che abitano in abitazioni piccole, 80 mq in media. Sono comunità relativamente chiuse dove la vita sociale e i rapporti interpersonali sono molto intensi. Altro elemento che contribuisce alla difficoltà di arginare la situazione è il fatto che i Haredim, i timorosi (di Dio), vivono in delle enclavi e guardano con sospetto alle disposizioni governative, che hanno sempre preso con le molle. In questo momento il settore ultra ortodosso è impegnato in una doppia battaglia, quella sanitaria e, non meno importante, quella mediatica. Nonostante alcune imbarazzanti dichiarazioni di esimi rabbini che hanno minimizzato il pericolo della pandemia esortando i loro fedeli a continuare nella routine delle preghiere e dello studio dei sacri testi, si sta creando una falda molto profonda che avrà sicuramente ripercussioni decisive nei rapporti con lo stato e col resto della società israeliana. Il fatto che Yaakov Litzman, il ministro della salute, faccia parte del mondo ultra ortodosso non fa che aumentare le critiche del resto della popolazione che giudica le decisioni prese in proposito assolutamente inadeguate. Un post che gira nei social israeliani afferma che in un paese normale il ministro in carica avrebbe dovuto dimettersi o perlomeno essere rimosso dall’incarico dal premier Netanyahu, ma a quanto pare in questo caso Israele non si sta rivelando un paese normale. L’altro settore della popolazione israeliana considerato anch’esso a rischio è quello degli arabi israeliani. Anche qui le motivazioni sono simili: famiglie numerose, 3,5 figli in media, e vita comunitaria molto intensa. I cittadini arabi in Israele sono circa 2 milioni e anche loro hanno un rapporto ambivalente nei confronti del potere costituito. Attualmente i numeri sono molto bassi, probabilmente perchè il numero dei tamponi è stato fino ad oggi minimo, per il momento si guarda a questo settore con preoccupazione, le cifre vanno contro tutti i modelli statistici e solo fra qualche settimana si potrà capire meglio l’andamento. La grande sfida dei prossimi giorni è rappresentata dalla cena d’apertura della Pasqua ebraica, il seder di Pesah, l’equivalente del cenone di Natale. Pesah è una festività molto sentita ed è tradizione passarla in famiglia, organizzando cene per 20 e più persone. Le disposizioni governative sono tassatorie: niente cene collettive, ogni unità abitativa festeggerà l’evento da soli, senza nonni, zii e cugini. L’ora ics è fissata per le 19.00 di mercoledì 8 aprile, ma i risultati sul comportamento degli israeliani saranno visibili soltanto nei 10-15 giorni successivi. La tradizione vuole che durante la cena del Seder, si lasci la porta socchiusa per poter permettere la visita del profeta Elia, ma ahimè Elia è un soggetto a rischio vista la sue età. Forse è meglio per lui che quest’anno se ne stia rinchiuso a casa sua.
