AFGHANISTAN ADDIO
Il terrorista suicida che si è fatto esplodere ieri tra la folla che assisteva ad una partita di pallavolo nella provincia orientale di Paktika, Afghanistan, uccidendo più di cinquanta persone, probabilmente non sapeva della decisione di Obama di rallentare il ritiro americano dal paese, che ha destato polemiche negli Stati Uniti. O se lo sapeva, non gli importava nulla, perché la metastasi talebana pare indifferente a ogni agenda altrui. Conta nulla che ci sia ora un governo di unità nazionale, e conta poco la riduzione a ventimila uomini di un contingente internazionale che era arrivato a schierarne 180mila.Quel che conta, casomai, è approfittarne, seminare paura e ribadire che il divertimento, fosse pure solo una partita di pallavolo, è peccato.I talebani sono a un’ora di auto dalla capitale, l’esercito e la polizia afghane non sembrano in grado di farcela da soli.Lì in mezzo restano ancora duemila italiani, tra quelli inquadrati nelle strutture di comando a Kabul, e il grosso che, abbandonate le basi avanzate, si è ritirato a Herat, nell’ovest del paese.A fine dicembre finirà una lunga missione che ha visto migliaia di italiani in divisa darsi il cambio nel tentativo di aiutare l’Afghanistan a non essere una palestra per il terrorismo internazionale e a intraprendere un cammino di democrazia.Nell’Afghanistan di oggi anche le bambine possono andare a scuola, ci sono ambulatori e ospedali costruiti dagli italiani, pozzi per l’acqua e frutteti scavati e impiantati grazie agli italiani, pastori e greggi che sono vivi grazie a loro.Ci sono migliaia di donne che hanno ricevuto visite mediche, e tante altre che hanno potuto impiantare cooperative di lavoro. Ci sono piccole valli e sperduti deserti che hanno ritrovato un minimo di sicurezza. Quanto tutto ciò sia fragile lo dicono le notizie del giorno.E allora: valeva la pena investire così tante energie, spendere così i soldi del contribuente e, soprattutto, sacrificare la vita di 53 uomini? Non sono i militari a scegliersi le missioni: questa è stata decisa dalla Nato, sotto l’ombrello di una risoluzione delle Nazioni Unite. E’ durata, la missione Afghanistan, attraverso governi di centrodestra, tecnici e di centrosinistra. E’ stata spesso dimenticata, tranne nel momento del dolore e della retorica, dei funerali di Stato. A me sembra che possiamo evitare la risposta a quella domanda brutale – valeva la pena?Nulla vale la pena di una sola vita umana– ma dirci che hanno fatto un buon lavoro, e sono andati oltre il dovere compiuto. Per dirla tutta, ad esempio, sapere che i nostri hanno combattuto molte volte, ma hanno contato, che io sappia, una sola vittima civile innocente, è qualcosa che mostra che non tutti i contingenti militari sono uguali, che è esistito uno stile italiano, fatto per rispettare e farsi rispettare, per capire e farsi capire, per aiutare senza sopraffare la cultura dei luoghi.
