UN INTERVENTO IN LIBIA? NON STA NE’ IN CIELO, NE’ IN TERRA
Capisco che i politici debbano guadagnarsi a suon di retorica il consenso popolare e capisco che i mass media pensino di guadagnarsi copie in più e share più elevati sparando titoli sensazionalistici, ma a me questa storia di un prossimo intervento europeo o italiano in Libia mi pare una cosa che non sta né in cielo né in terra. Provo a elencarne alcune ragioni1) I libici – tutti, di entrambi gli schieramenti che attualmente si contendono il potere, armi alla mano – hanno detto che non se ne parla nemmeno, perché si tratterebbe di “un atto di guerra”. E allora, che senso ha insistere? Non rischiamo forse di mettere a repentaglio (e compromettere) il lavoro che l’ONU e la nostra stessa diplomazia stanno facendo da mesi nel tentativo di riportare la stabilità in quel Paese? E non è forse la stabilità politica della Libia l’unica, vera, possibile garanzia contro il traffico di carna umana che impazza dopo la Rivoluzione del 17 febbraio ?2) Come se fosse la trama di un film, i nostri media (e i vertici militari) mi paiono sbavare all’idea di un intervento “anfibio”, con i nostri reparti speciali (San Marco o Col Moschin) che vanno all’assalto, a terra, dei “barconi” su cui vengono caricati i poveri migranti. Nessuno però si chiede – come sarebbe doveroso – quanto rischia di essere velleitaria un’azione di questo tipo, per i danni collaterali che rischia di provocare, magari tra i migranti, o forse fra i civili. Siamo sicuri che sia così facile distinguere un peschereccio destinato alla pesca e uno destinato a caricare (magari solo nella stiva) i migranti? E come la mettiamo con i gommoni, quelli che sono usati sempre più spesso negli ultimi mesi, senza chiglia e perciò facilmente occultabili?3) Un eventuale intervento in Libia rischia comunque di non spostare nulla nel flusso dei migranti verso l’Europa. Come è già accaduto in passato, alla chiusura di un “varco” segue l’apertura d un altro.: Tunisia, Marocco, Egitto, Turchia. o Bulgaria. Le rotte mutano infatti a secondo delle opportunità che si creano, perché il fenomeno migratorio è in questa fase IRREVERSIBILE. Questo ci insegna l’esperienza degli scorsi anni e da questo dovremmo imparare a gestire “i varchi” invece che provare (inutilmente) a chiuderli.
