UNA VICENDA CHE FA RIFLETTERE E LA DICE LUNGA SU ALCUNI PERSONAGGI

UNA VICENDA CHE FA RIFLETTERE E LA DICE LUNGA SU ALCUNI PERSONAGGI

Prendetevi due minuti per leggere. Fidatevi. Perché questa vicenda fa riflettere. E ce la dice lunga su alcuni personaggi. Era il lontano 2017. Ad una donna invalida e malata terminale, Sandra Pelosi, che poi tentò anche il suicidio, stavano portando via la casa. In quella storia, tutti vedemmo le uniche cose possibili: tristezza, rabbia. Ma qualcuno no. Qualcuno, come fa capire Sandra, ci vide altro: ci vide un’opportunità. Quel qualcuno era Matteo Salvini. Il 5 dicembre iniziò a coglierla. Su Facebook, con un post, il battesimo del fuoco: “Stamattina hanno portato via la casa a Sandra, invalida al 100% e malata terminale. Questa è VIOLENZA VERA nei confronti degli italiani! La Lega la aiuterà in ogni maniera possibile!”. Il pubblico reagisce bene. La storia è toccante. C’è la retorica sugli italiani. Bene. E quindi da lì, a cadenze regolari, altri post. Video, contenuti. Anche un sit-in della Lega a Siena, dove Sandra risiedeva. Ma i risultati ottenuti furono praticamente zero. E tutto andò avanti per circa un anno. Fino alla prima metà del 2018 circa. Quella prima metà del 2018 quando ci sarebbero state le elezioni politiche. E lì’ accadde qualcosa. Accadde che, come dice la donna nell’’intervista, Salvini le mandò un sms: le propose di candidarsi con la Lega. Ma lei, ormai attaccata ad un respiratore per vivere, le rispose no. Spiegò ai leghisti che le ragioni erano due. La prima specchio dell’umiltà: “Come fate a candidarmi? Io sono disabile al 100% da 8 anni”. La seconda specchio di un’onestà intellettuale che in pochi avrebbero dimostrato di avere nelle sue condizioni: “le sue idee non sono le mie, non sono una persona violenta e ho fatto volontariato per tutta la vita”. Lei credette di essersi spiegata bene. Credette di essersi comportata onestamente. Li aveva sempre ringraziati per il supporto dato. Eppure tutto quello non era bastato. Perché quel “no” aveva forse rovinato qualcosa: l’idea di fare uno show candidando una persona che, proprio fisicamente, non avrebbe avuto possibilità di svolgere un lavoro da parlamentare. Il sospetto che loro volessero questo lei l’aveva comunque avuto. Perché quando lei fece presente che era invalida al 100%, loro le risposero “Anche meglio!”. Anche meglio. E così tutto finì lì. Vicenda chiusa. Da quel momento in poi, messaggini di Matteo finiti. Leghisti spariti. Finito tutto con un po’ di amaro in bocca. Perché quell’anno di “supporto” a Sandra doveva finire diversamente. Doveva finire con quel diavolo di show che sarebbe stato prendere una donna attaccata ad un respiratore e trascinarla a 230 km di distanza, a Montecitorio. Anche a braccia se necessario. Quello sì, cavolo, che sarebbe stato un gran finale! Ma Sandra ha rovinato tutto. Ha detto no e ci ha fregati. E quindi arrivederci e grazie. E così oggi Sandra è di nuovo sola. Il sipario è calato. La casa è andata all’asta. Non è rimasto niente. Solo la profonda tristezza di una donna strumentalizzata e poi punita per la sua onestà. Ma anche la nostra di tristezza e solitudine. Morale, intellettuale. Umana. Una solitudine che ci deriva dall’idea che queste persone che hanno fatto ciò, potrebbero un giorno trasformare la società in cui viviamo in un enorme, grottesco e disumano palcoscenico dove il più debole non è né protetto né aiutato. Ma usato. Anzi, per usare un termine più specifico: usato “anche meglio”.