CORONAVIRUS BALCANI. STORIE DI GOLPE, IDEE GENIALI E MADONNE. PIU’ IN LA’ LA TURCHIA

CORONAVIRUS BALCANI. STORIE DI GOLPE, IDEE GENIALI E MADONNE. PIU’ IN LA’ LA TURCHIA

Poco di nuovo sul fronte orientale dell’Italia, in tempi di coronavirus. Pare infatti che, a differenza della grave situazione sul fronte ovest (Francia) e di quella critica sul fronte nord (Svizzera ed Austria), ai confini della ex Jugoslavia e poco più in là l”infezione non abbia (ancora?) assunto caratteristiche catastrofiche. Nessuno degli stati nati dal dissolvimento della Jugoslavia segnala questa mattina numeri superiori ai 3mila casi accertati. Tocchiamo ferro. Ma non tutto è oro quello che riluce. Partiamo dalla Slovenia. Casi meno dell’Umbria e poco più della Sardegna, tanto per rendere l’idea, ma qualcosa d’altro di poco piacevole.  E’ dalle ultime elezioni che in Slovenia la destra ha assunto un peso politico più consistente. Oggi ai vertici siedono anche i sostenitori della destra più estrema e pare proprio che vogliano approfittare del covid per determinare una svolta autoritaria a imitazione di Ungheria e Polonia. Possibilità di pedinamento, per gli agenti, idem per le intercettazioni telefoniche e la perquisizione degli appartamenti. Spiace abusare del termina, ma più che uno stato di polizia, vista la situazione, pare l’apertura di una caccia all’untore, tanto meglio se si tratta di cittadino scomodo al potere. La Ue che fa? Per ora tace, probabile che acconsenta. Vediamo adesso la situazione in Serbia. Dei paesi dell’ex Jugoslavia, quello col numero realtivamente più elevato di casi (ad oggi 2400) e con un tasso di crescita non minimale. Maggiori contagi o maggiore affidabilità contabile? Resta il fatto che l’allarme è scattato per tempo, ma le misure prese non paiono particolarmente geniali. Partiamo dal coprifuoco, a parziale imitazione di quanto stabilito da Macron in Francia. Funziona? Certo la gente sta in casa quando le strade sembrano più grandi perché non c’è in giro nessuno, quindi quando i rischi sarebbero in proporzione minori. A giudicare dal modello francese e dai risultati un mezzo disastro. Accentuato, in Serbia, dagli orari ridotti in cui accompagnare i cani a pisciare e andare a fare acquisti nei supermercati. Mica sarà che a riduzione di orario corrisponda aumento di congestone? Buona fortuna, Belgrado. Infine Zagabria. All’apparenza meglio di così non potrebbe andare. Numero ufficiale dei contagi fissato da giorni sui 1200 che più inchiodato non si potrebbe. Che dire. Qualcosa o qualcuno ha bloccato il virus. Indiziata la Madonna di Medjugorje. In alternativa, i numeri ufficiali sono farlocchi che di più non si potrebbe. Per informazioni rivolgersi a Paolo Brosio. Scusate il sarcasmo, ma con numeri comunque limitati ce lo concediamo. Speriamo di potercelo concedere fino alla fine dell’epidemia. Nel resto dei Balcani situazione ancora meno drammatica, all’apparenza, in Bosnia Herzegovina come nella Macedonia del Nord. Fuori dai confini, relativamente calma la Grecia (col numero degli infetti a metà strada tra Serbia e Croazia). Ancora più tranquilla l’Albania che può perfino concedersi il lusso generoso di darci una mano. Però facciamo attenzione a qualcosa di cui nessuno parla. Sono otto i paesi che maggiormente sono stati colpiti dal virus: Usa, Spagna, Italia, Francia, Germania, Cina, Iran e Gran Bretagna, tutti al di sopra dei 50mila casi. Ma il nono, pur sempre oltre i 30mila e con un tasso di crescita ragguardevole si chiama Turchia. Se quest’ultima esplode i Balcani potrebbero risentirne in grado elevato. E con loro i profughi. E in ultima istanza pure noi. Questo mondo, che ci piaccia o no è l’unico che abbiamo.