L’ULTIMA STAGIONE, VIAGGIO DI UNA COPPIA VICINA ALLA MORTE

L’ULTIMA STAGIONE, VIAGGIO DI UNA COPPIA VICINA ALLA MORTE

Sto leggendo “L’ultima stagione” di Don Robertson, e ci sono molti motivi per indurmi a pensare che piacerà a molti di voi. Intanto, racconta un viaggio inconsueto: on the road, certo, una coppia, un gatto e un’automobile attraverso la piccola America, quella delle cittadine che tanto piacciono al momento. Ma i viaggiatori hanno una settantina d’anni e stanno morendo, la moglie di cancro e il marito per un cuore malmesso. Viaggiano per capire come sia fatta la benedetta “struttura”, quell’insieme di desideri, paure, episodi, oggetti, fotografie, ricordi che va a costruire una vita e poi permette che la si butti giù con una manata, come una torre di Lego. Viaggiano perché sono stanchi di vivere il presente “al passato”, come avviene ai relitti. Giusto ieri ho letto, altrove, uno status dove si commentavano i 71 anni, allegrissimi, di Cher, e soprattutto le commentatrici, giovani e meno, si accanivano contro di lei. Invecchiare con dignità, pontificavano. Ecco, in un romanzo così diviene evidente che non è una questione di dignità, l’invecchiare bene, ma del rompere i canoni in cui tutti, i sempre fervidi osservatori esterni ma anche le persone che amiamo, vogliono infilare chi supera l’età considerata decente per i desideri, le follie, la dérobade. Lo scarto del cavallo sembra, ancora oggi, non ammissibile se si è vecchi: Howard e Anne scartano, eccome, e questa non è semplicemente una storia d’amore, ma di conoscenza del mondo. Ed è scritta benissimo. Di Robertson, King dice questo, in un’intervista: “What I appreciate most in novels and novelists is generosity, a complete baring of the heart and mind, and Robertson always did that”. Condivido mille volte. La generosità è quella che cerco in me, quando scrivo, negli altri, quando leggo. Non è frequentissima.