BARI, MAMMA PICCHIA LA PROF DELLA FIGLIA: “L’AVEVA RIMPROVERATA”
E’ bastato un semplice rimprovero della profad una studentessa disattenta durante l’ora di lezione per scatenare un putiferio. La madre, allertata telefonicamente dalla figlia è arrivata a scuola e come una furia si è avventata sulla prof prendendola a schiaffi sotto lo sguardo attonito di colleghi. Per quella madre un affronto inaudito che andava punito senza se e senza ma. L’ennesimo atto di violenza che si è concluso con l’intervento dei Carabinieri ed una visita al Pronto Soccorso per la prof colta da malore. Episodio che induce a riflessione. Che ci dice come quel filo che teneva unite le due agenzie educative, si sia spezzato. Forse irrimediabilmente. Ma quando e perché è venuta meno quell’alleanza tra scuola e famiglia?Difficile stabilire una data certa. Molti la fanno risalire alla fine degli anni settanta, altri la fissano a cavallo tra gli anni ’70/80 altri ancora più là. L’evoluzione sociale con la conseguente trasformazione della famiglia hanno avuto certamente il loro peso. E le loro responsabilità. Ma il carico da 90 lo ha messo la politica. Governi di centrodestra e centrosinistra in ugual misura. La buona scuola poi ha dato il colpo di grazia a quel che restava di veramente buono della scuola pubblica. La campagna denigratoria portata avanti negli ultimi decenni a danno degli insegnanti è sotto gli occhi di tutti. Ultima ruota del carro della Pubblica Amministrazione sia per trattamento economico che considerazione sociale, i lavoratori della conoscenza hanno perduto quel prestigio e quella autorevolezza che da sempre ha caratterizzato la loro professione. La scuola e i suoi lavoratori vengono percepiti come un peso morto, un costo per la società troppo oneroso e (forse) inutile per le casse dello Stato. Parassiti della società ai quali addebitare ogni stortura e malefatta. Sempre in cima ai tagli della spending review, insaccati in strutture fatiscenti con contratti bloccati da otto anni e stipendi ridicoli. I più bassi d’Europa.Derisi e presi a schiaffi dalla politica. E sempre più spesso dai genitori. Da quelli che hanno abdicato al ruolo genitoriale e lancia in resta vanno all’attacco per difendere figli viziati, prepotenti e superprotetti ai quali mai dire un NO. Perché, poveretti, potrebbero subire un trauma. L’insegnante ha preferito evitare di sporgere denuncia, riferiscono i media che hanno riportato il fatto. I Carabinieri tuttavia vogliono vederci chiaro e ricostruire la dinamica, visto che non si tratta del primo caso in cui i familiari riescono a fare irruzione a scuola e aggredire docenti e dirigenti, in servizio come“pubblici ufficiali”. “Non me la sento di tornare in classe, ora, visto il clima che si è creato. Sto cercando di capire con quali mezzi posso tutelarmi, visto che mi è stato detto chenon la passerò liscia. La scuola al momento non mi garantisce sicurezza. Edè passato un messaggio sbagliato: che chiunque ritenga ingiusto un rimprovero nei confronti del proprio figlio può entrare a scuola e picchiare un insegnante, invece che rivolgersi all’istituzione e chiedere spiegazioni di quanto successo. Impossibile per me ora non essere a disagio”, ha commentato la prof. “Viviamo ogni giorno situazioni limitee non abbiamo strumenti efficaci: la nota sul registro, la comunicazione ai genitori, perfino la sospensione sembrano non importare più neppure alle famiglie. Se una mamma non apprezza l’impegno di un’insegnante per mantenere ordine in classe, a vantaggio di chi vuole studiare, significa che non c’è possibilità di emancipazione per questi ragazzi”,ha concluso, visibilmente amareggiata l’insegnante.
