CORONAVIRUS. CONTARE LE VITTIME PER SAPERNE DI PIU’. I NUMERI UFFICIALI NON DICONO TUTTO

CORONAVIRUS. CONTARE LE VITTIME PER SAPERNE DI PIU’. I NUMERI UFFICIALI NON DICONO TUTTO

Alla morte non si scappa. Alla fine dei conti i conti è lei a farteli fare e ti resta ben poco da nascondere. Vale anche per in coronavirus. Se l’anno passato in un determinato luogo i morti erano un certo numero e quest’anno si sono decuplicati, come in alcune aree del bergamasco hai poco da rigirare la frittata. Quel mille per cento in più lo devi addebitare al covid, quanto meno con buona approssimazione. E senza sottilizzare sul fatto che altre patologie affliggessero i defunti. Senza il covid la grande maggior parte di loro non avrebbe visto la fine dei propri giorni. Detto questo bisogna però fare una distinzione. Recentemente era parso ovvio che il giudizio sui singoli sistemi sanitari dovesse passare da un altro indice, che includesse però in maniera differente la variabile della mortalità. Vale a dire il rapporto tra morti e contagiati al variare della nazione presa in considerazione. Vale a dire che se su mille morti ne muoiono 3 il sistema sanitario di quel paese ha da essere valutato 40 volte migliore di un sistema nel quale ogni mille contagiati ne muoiono oltre 120. Questa considerazione aveva preso piede soprattutto da un confronto che in qualche misura la legittimava. Quella tra la Germania e l’Italia, dove le cose andavano più o meno come indicato qui sopra: 3 contro 120. Certo i dati venivano forniti, tanto per cambiare, in maniera spesso confusa. In modo tale da ingannare il lettore che li leggesse un po’ in fretta. Lo riconosco, anch’io ho commesso un errore. Ho creduto che la straordinaria giovinezza dei colpiti dal virus in Germania (età media 45 anni contro i 60 del resto d’Europa) si riferisse al numero dei defunti. Di lì ho supposto erroneamente che in Germania venisse occultata la causa virale di molti decessi. Mi è stato fatto giustamente notare che la giovinezza eccezionale dei tedeschi era quella dei contagiati, non dei deceduti. Quindi la causa della anomalia non poteva essere riferibile all’occultamento delle origini della malattia. Però il problema permaneva. Come mai in Germania così pochi anziani vengono mediamente contagiati? Il dubbio va quindi rivolto alle modalità della somministrazione dei tamponi, ma il dubbio rimane. Per andare oltre occorre prenderla più alla larga e non fermarsi a considerazioni ristrette al caso italiano e a quello tedesco. Fatto salvo, sempre e comunque che un fattore di rilievo, che influisce sulla comparazione dei due casi, è indiscutibilmente la migliore dotazione del sistema ospedaliero tedesco (ci riferiamo in particolare alle terapie intensive) e la maggiore razionalità e ricchezza delle istituzioni sociosanitarie tedesche. Un fattore rilevante ma non sufficiente a fornire una spiegazione esaustiva. Perché? Procediamo con ordine. Innanzitutto non va escluso, preliminarmente, che i tamponi siano stati effettuati su di una fascia di popolazione più giovane che altrove, senza per questo ipotizzare nulla di doloso. Determinante poi il fatto che in Germania si marci al ritmo di 100mila tamponi al giorno. Il doppio che da noi che pure stiamo marciando a ritmi impegnativi (40/50mila). Ovvio che in tal modo vengano contattati soggetti per i quali la malattia non ha risvolti manifesti e gravi. E che quindi l’dentificazione pignola di tali malati pervenga ad individuare chi ha una più alta probabilità di sopravvivenza. Ma non è tutto. Ce ne possiamo rendere conto solamente allargando il confronto anche ad altri paesi. Innanzitutto, in che rapporto stanno il rapporto deceduti/contagiati in Germania e altrove? Diciamo subito che rispetto ai sensazionali dati di qualche giorno fa, l’eccezionalità del caso tedesco si è un poco ridimensionata. Si è in breve tempo passati dallo 0,3% del rapporto defunti/contagiati al 2,1%. Come dire che, negli ultimi giorni, dobbiamo pensare che il tasso di mortalità tedesco, per bilanciare quello iniziale, abbia superato il 3%. Molto di meno dell’Italia, ma comunque in linea con altri paesi. Tanto più se, tornando al dunque, un numero dei tamponi  da guinness dei primati, ha contribuito fisiologicamente a mantenere contenuto il rapporto più che altrove. Il colpo di grazia a chi vorrebbe vedere in tale indice la spiegazione unica di come stiano andando le cose ci viene da un confronto su scala generale. Perché se andiamo a vedere i paesi “messi peggio” troveremmo, subito dopo l’Italia (12,6%), la Gran Bretagna (11%)  e l’Olanda (10,7%). Come giustificare la distanza abissale, tra quest’ultima e la Germania? E allora sarebbe messa meglio la Spagna (9,9) e la Spagna più o meno come la  Francia (9,4). Allarghiamo l’orizzonte e rischiamo davvero il ridicolo. Ottimale la sanità turca (2,1) meglio della pur ottima Svizzera (3,7), ma che avrebbe qualcosa da invidiare al Pakistan (1,4). Insomma, giratela come volete. Consideriamo pure paesi meno vulnerabili perché con una popolazione in tenera età e altri ancora perché con minori convivenze giovani/anziani (ma allora perchè un rapporto così basso in Portogallo -4.3%- che annovera più convivenze dell’Italia?). Resta il fatto che misurare l’efficacia del sistema sanitario con un indice di questo genere si presta ad ogni genere di distorsioni ed eventuali manipolazioni. Meglio cercare qualcosa di meglio. Pure col dovuto rispetto per il buono e l’ottimo presenti nel sistema tedesco.