CORONAVIRUS USA. ATTACCO BIPARTISAN ALLA CINA. TRUMP SPARA SU UN’OMS MALANDATA
Ieri pareva essere solo Trump ad attaccare la Cina. Da stanotte le agenzie segnalano che, sia pure in altro modo, anche la Cnn e il Washington Post, di tendenza sicuramente più prossima ai democratici, hanno rispolverato vecchie accuse che metterebbero Pechino sul banco degli accusati. L’arma è diversa, ma l’obiettivo è lo stesso. The Donald minaccia l’Oms di tagliare i finanziamenti Usa in sede internazionale all’Organizzazione mondiale della sanità rifilando un duro colpo al suo funzionamento. Ma con quale accusa? Più che di avere fatto poco per bloccare l’onda dei contagi che stanno devastando gli Usa, Trump accusa l’Oms di assecondare gli interessi dei cinesi nel tenere celate le loro responsabilità. Attacco all’Oms o attacco alla Cina? Che ci si trovi nel secondo caso è un’ipotesi che viene rafforzata dalla risposta dell’Oms medesima. Un suo rappresentante in Italia, Ranieri Guerra, interrogato in proposito ha espresso diplomaticamente una preoccupazione solo relativa per quanto lo concerne. Tra il dire e il fare ci sarebbe di mezzo l’Oceano. Dai proclami all’intraprendere le decisioni minacciate intercorrerebbero tempi e azioni non semplici tutte da praticare. Altre volte le sparate di Trump si sono rivelate fuochi di paglia. E tra le altre cose i primi a ribellarsi sarebbero gli esperti statunitensi al lavoro presso l’organizzazione sovranazionale in un clima di reciproca fiducia con gli altri colleghi. Allora perché tutto questo frastuono? Certo Trump con la catastrofe in casa, fa ammoina, per distrarre l’attenzione sulle sue indubbie responsabilità. Ma che, gira gira, le accuse di fondo siano rivolte alla Cina può costituire un particolare di un certo interesse. Anche perché è notizia delle ultime ore che Cnn e Washington Post stiano rispolverando un’accusa contro i cinesi già smontata reiteratamente dal mondo scoentifico qualificato, ma tale comunque da diffondere terrore. Certo lo stile è all’opposto di quello del presidente. Abbondano i punti interrogativi e i verbi non sono mai all’indicativo, a scanso di eventuali querele o smentite. Ma l’effetto è garantito. Il virus potrebbe essere il frutto di una sperimentazione in laboratorio sfuggita di mano ai cinesi (colpa dunque, non dolo, ma quale colpa!!!). Un pericolo che, qualche tempo fa, gli scienziati Usa avrebbero segnalato ai colleghi cinesi. Badate bene, in questo universo dell’incertezza ci guardiamo bene dall’escludere qualsiasi ipotesi. Però la notizia era già circolata parecchi giorni fa ed era stata puntualmente smentita dalle rivista scientifiche maggiormente qualificate del pianeta terra. In particolare si era detto che il virus era troppo simile a quello presente in natura per essere stato costruito a tavolino. E inoltre appariva quanto meno strano che i cinesi avessero portato avanti queste ricerche senza avere a disposizione una qualche forma di antivirus. Sia come sia e facendo gli scongiuri, appare strano che, dopo giorni di relativo silenzio, forze tra loro contrapposte nel mondo politico Usa attacchino, ciascuna a suo modo, ma in forma concentrica, la Cina. Forse il peso della catastrofe coronavirus negli Stati Uniti è troppo forte per evitare una caccia all’untore o forse le indiscrezioni del WP hanno un fondamento. Ma i dubbi restano. Torniamo però all’Oms. Probabilmente l’uscita di Trump, che deve vedere tutti concordi nella difesa di un organismo sovranazionale che tutela la salute di noi tutti, determina anche involontariamente una chiusura del dibattito necessario a chiarire i limiti perfettibili della condotta dell’Oms negli ultimi tempi. In primo luogo l’eccessiva fragilità dei paramentri di prudenza che hanno innescato il caso di Codogno e la successiva valanga virale in Italia. Non dobbiamo mai dimenticare che il famoso paziente 1 scorazzò per i reparti dell’ospedale senza che gli venisse fatto un tampone nonostante i suoi sintomi non scomparissero. A dispetto dei trattamenti capaci di sconfiggere le infezioni tradizionali. Non era stato in Cina né aveva, parve, incontrato chi ci fosse stato. E quindi niente tamponi. E viene ricordato troppo poco il nome di quella benemerita dottoressa, Annalisa Malara che, insoddisfatta, non la smise di indagare. Fintanto che non scovò un amico del paziente, che era stato in Cina e che aveva cenato con lui. Un soggetto peraltro negativo al test. Ma la cosa permise di effettuare quel tampone che rivelò, sia pure tardivamente ma meglio tardi che mai, la presenza del virus nel paziente. Ecco, a bocce ferme, penso si dovranno ridiscutere quei criteri dell’Oms. Protocolli rivelatisi troppo poco prudenziali alla prova dei fatti. Senza processi per nessuno, ma nel nome della salute di tutti. Certo la caciara di Trump non agevola la possibilità di ridiscutere la cosa nei modi dovuti.
