MATTARELLA COMUNICHI AL PAESE LE DECISIONI CONDIVISE

MATTARELLA COMUNICHI AL PAESE LE DECISIONI CONDIVISE

Per fortuna non si perde più tempo nel prendersi o negare il merito di chi abbia per primo cominciato a porre il problema di quando e come “riaprire” l’Italia.Come se fossimo avulsi dal contesto globale, come se qualcuno pensasse di stare sempre in lockdown a prescindere. Ho trovato e trovo assurda questa competizione, tanto più che l’emergenza sanitaria mi pare tutt’altro che in via di soluzione. Ecco, non credo che la strategia della ripresa economica e sociale possa essere disgiunta dalla tattica per la sconfitta dell’epidemia. Voglio dire che compiere le scelte giuste per rimettere in carreggiata il sistema produttivo non è altra cosa dal reale riscontro di un arretramento radicale del contagio. Qui stiamo battendo il passo. Come sa chi mi fa la cortesia di leggere i miei post, io non sono tra quelli che credono alla bacchetta magica di questo o quel personaggio, salvo il fatto che Draghi avrebbe una forza contrattuale, una competenza e una credibilità senza pari nel contesto europeo, ma aprire una crisi di governo oggi sarebbe una follia, anche se fosse “pilotata” e rapida. Io non penso affatto che portare al governo mister Papeete e la signora io-non-c’ero-prima-e-se–c’ero-dormivo sia un vantaggio per l’Italia, sia plausibile politicamente, anche con il solo appoggio parlamentare a un governo di soli tecnici od esperti. È la struttura, la colonna vertebrale del paese a non aver tenuto, lo si è visto da troppi indici, e non solo per input sbagliati che ci sono pure stati, da parte di chi ci governa ma per l’eccezionalità dell’evento, per l’impreparazione degli apparati, inclusa la tanto osannata Protezione civile e per le stucchevoli pretese della Regioni, pari, salvo poche eccezioni, alla loro inefficienza. Stendiamo un velo pietoso sulla fallimentare arroganza del “modello” lombardo, fallimento di cui la Lega porta per somma parte la responsabilità. Ma io non dimentico che tutta la macchina dell’emergenza sanitaria ha fallito, nella sostanza, quanto a sicurezza degli operatori, a fornitura di dispositivi, a tutela della salute pubblica con la diffusione e l’uso di strumenti diagnostici su larga scala. Cosa voglio dire con questa filippica? Che non c’è un prima e un dopo tra fase sanitaria e fase produttiva, che le due emergenze sono connesse indissolubilmente, oggi e nel futuro ravvicinato e che stiamo continuando a procedere in ordine sparso. Governo, regioni, commissari speciali, protezione civile, categorie, scienziati, medici. Io insisto nel dire che solo il Quirinale ha l’autorità morale e istituzionale per chiudere due giorni in un ambiente senza sollecitazioni mediatiche il presidente del consiglio, i ministri dell’interno della salute dell’economia e della difesa, i vertici dell’Istituto superiore della sanità, della protezione civile, delle imprese e dei sindacati e il fantomatico Colao chiamato non si capisce se a fare da alibi o da amuleto, e uscirne con una sintetica prospettiva d’azione in ogni campo essenziale, con tappe coerenti e realistiche, secondo i diversi scenari di sviluppo possibile dell’epidemia. Stiamo scivolando, mi pare, in un limbo in cui non si stronca l’epidemia, non si potenzia la tutela di massa, non si costruisce un assetto nuovo ma si va per tentativi. Le scelte fondamentali sono state giuste, credo, e non a caso all’estero stanno facendo chi prima chi dopo esattamente come noi. Ma il paese non ha la percezione di una riflessione condivisa, di una strategia con più opzioni lungimirante. Continuiamo a dividerci su feticci. Il Mes, gli eurobond, la speranza del vaccino, eccetera eccetera. Serve uno scatto di reni, non demagogico, un salto di responsabilità. Tocca, secondo me, a Mattarella forzare nell’ambito del lecito e del doveroso il meccanismo di formazione delle decisioni e comunicarlo al paese.