BUONGIORNO UN CORNO!, GIOVEDI’ 9, VITA CONTRO LAVORO …
Dire le cose come stanno ti mette sempre dalla parte del torto. Spiegare perché le fabbriche e le altre attività produttive non devono riaprire ti mette contro i fautori del “Se non riparte l’economia il Paese muore”. Allora per chi non l’avesse capito ancora, questo Paese è morto già tanto tempo fa. Sì, è morto da quando chi lavora non è più tutelato economicamente e giuridicamente. Se si vuole dare il colpo di grazia facendo morire i lavoratori anche fisicamente questa è la strada: riaprire le industrie va in quella direzione. In questi giorni non abbiamo risparmiato le critiche al mondo scientifico che ancora non è venuto a capo del Coronavirus. Ma c’è un’unica cosa che la scienza ha stabilito con certezza è che sta davanti agli occhi di tutti: se i contagi e i decessi sono calati è perché milioni di italiani, di malumore, impazzendo a casa, gestendo situazioni difficili con anziani e bambini, hanno per una volta seguito le regole. E le hanno seguite perché quando in gioco è la pelle tendi a essere un po’ meno stronzo di quello che sei abitualmente. Sono anni che per risolvere il problema dell’arsenico nell’acqua di alcuni comuni italiani anziché intervenire sull’inquinamento delle falde si alzano i livelli di arsenico consentiti per legge nell’acqua che scorre nei rubinetti e quindi l’avvelenamento diventa legale. Riaprire le industrie oggi segue la stessa logica. Il primato dell’economia è questa roba qui. E’ quel principio per cui la domanda alza i prezzi, che sia il vino o le mascherine per evitare il contagio da Covid 19, l’economia liberista segue questa regola qui, se ne fotte della mia e vostra salute ma nonostante questo trova i suoi supporter proprio tra chi rischia di morire di liberismo. Sui giornali si legge del “pressing di Confindustria sul governo”. Il premier Conte è sotto ricatto, è evidente, guardate la sua faccia quando appare a leggere i comunicati del governo, forze molto più grandi di lui e dei partiti che sostengono il governo si muovono neanche tanto sottotraccia per ripristinare il primato degli affari sulla vita. In una situazione in cui il consenso popolare non lo puoi manifestare invadendo le piazze delle città, per i noti motivi sanitari che vietano gli assembramenti, il consenso lo costruisce chi ha in mano le infrastrutture comunicative che manipolano il consenso. Se voi fate un rapido sondaggio tra le persone che appartengono alla vostra vita di relazioni troverete uno o due persone su dieci che sono favorevoli alla ripresa delle attività produttive in questo momento. Eppure leggendo gli organi d’informazione lo scontro sembra alla pari. E’ lo stesso motivo per cui il 3 per cento dell’umanità detiene una ricchezza pari a quella del restante 97%, la linea politica che passa è comunque quella del 3% nonostante i governi si nascondano dietro la favola della democrazia. Per questo motivo la fase che viviamo è ancora più pericolosa, perché la voce del dissenso è soffocata da chi detiene il potere di cambiare le carte in tavola. L’accusa di complottismo è ormai diventato un modo per colpire le forme di dubbio sull’organizzazione della vita al tempo del coronavirus. Non viene accusata di complottismo la risposta che le persone pensano di dare, là dove si annida davvero la futilità di alcuni argomenti come quelli degli antivaccinisti. No, adesso l’accusa di complottismo è verso chi fa le domande non verso chi dà risposte anti scientifiche. Fare la domanda ti pone nel campo degli avversari della civiltà, il che è incivile e antidemocratico in un momento in cui di domande senza risposta ce ne sono decine. L’ideologia dominante cambia costantemente le carte in tavola e le regole del gioco Prendiamo il caso dello smartworking, per restare sempre nel campo della produzione tanto cara ai padroni piccoli e grandi. Prima lavorare da casa, il fatto che tu non fossi sottoposto al controllo anche visivo della tua azienda era una concessione di cui soltanto poche persone potevano vedere, un privilegio. Adesso che è diventato il modo per garantire un livello minimo di produzione lo smartworking è entrato a far parte dell’ideologia dominante. L’ideologia cambia in base alle esigenze della produzione, tutto cambia sempre e soltanto in base all’ideologia produttiva che sorregge la società. Continuo a coltivare, con molti altri devo dire, la speranza, a cui però vanno date nuove gambe per camminare, che la crisi derivata dalla quarantena porterà a un nuovo concetto di società in cui il predominio della produzione sarà sostituito dal predominio della vita. L’automazione, quella che ben prima di tutti gli altri problemi legati a questa emergenza sanitaria ha messo in discussione i livelli occupazionali classici, porta la società verso l’esigenza di garantire le basi della vita umana, i soldi in sostanza, da fonti non collegate direttamente alla propria capacità produttiva. Solo così ci libereremo dalla cappa mefitica che ha bloccato lo sviluppo sociale e intellettuale negli ultimi decenni. Ma per portarla avanti occorrono forze nuove anche in politica e mai fase storica è stata più carica di questa richiesta di rifondare i pilastri della vita pubblica e quindi della sua architrave politica come questa. Non ci riusciremo aspettando qualcosa ma organizzando qualcosa che sfrutti la tecnologia della rete prima che diventi anche questa predominio assoluto delle classi già dominanti. Il problema della rete se ci fate caso, è che per la sua stessa natura orizzontale, non avendo un punto centrale che può essere bloccato, diventa di difficile controllo da parte del potere. E’ un’occasione unica, non lasciamocela sfuggire.
