IN FILA PER LA SALA DARSENA. UNA SPECIE DI SOGNO
Ho fatto una specie di sogno, con una punta d’incubo. Ero in fila senza mascherina, alla solita maniera di sempre, in attesa della prima proiezione stampa in sala Darsena, attorno alle 8.30. Non proprio tranquillo, però. Nessuno mi rivolgeva la parola. Tutti apparivano guardinghi, come a trattenere il fiato. A un certo punto, avvolto in una delle sue mitiche pashmine candide, arrivava il nuovo presidente della Biennale, Roberto Cicutto, e raccomandava dolcemente, gesticolando un po’, di sistemarci a un metro e mezzo di distanza l’uno dall’altro. Il direttore artistico della Mostra, Alberto Barbera, già in abito da sera di prima mattina, annuiva, assai rassegnato, accanto al neo-presidente. Mentre il capo ufficio stampa Paolo Lughi, sempre gentile e premuroso, raccomandava ai giornalisti, un po’ spazientiti a causa del precedente controllo su zaini e borse effettuato dalla polizia, di ritirare fuori le mascherine, tornate improvvisamente d’obbligo. Intanto il serpentone, così allentato, si triplicava in lunghezza, arrivando fino all’hotel Des Bains. Mi sono svegliato di soprassalto, un po’ sudato, ma contento d’essere a casa mia, a letto sotto la coperta.PS. Sempre che la prossima Mostra di Venezia, 2-12 settembre, si faccia. Il festival di Cannes mi pare, per ovvie ragioni, destinato a saltare. Quelli di Pesaro e Locarno pure. Quanto a Toronto non saprei proprio cosa pensare. Il “Corriere della Sera” ha titolato oggi un pezzo di Mereghetti: “Cinema, quale futuro?”. A parte la banalità disarmante del titolo, quasi tutto mi sfugge.
