LA PASQUETTA CHE SARA’

I miei genitori, cresciuti dopo il “contagio” della guerra, immancabilmente ogni pasquetta ricordavano le loro scampagnate del lunedì dell’angelo a San Luca, a mangiare uova sode e salame. Se siete di Bologna sapete di cosa sta parlando, ma probabilmente anche se non siete di quella città, conoscete questa bassa collina che con il suo santuario mariano domina il panorama felsineo ed è collegata al centro cittadino con un lungo porticato. E immagino che anche nelle altre città ci sia stata in quegli anni una meta altrettanto “domestica” di quelle gite fuori porta dei tempi della miseria.Oggi non possiamo neppure andare a San Luca, oggi dobbiamo – giustamente – restare a casa. Eppure, quando finirà il contagio non andremo a San Luca – ciascuno di voi lo sostituisca con la sua meta – perché abbiamo smesso da tempo di andarci: troppo vicino, troppo da poveri. Adesso abbiamo le auto, e abbiamo i soldi, possiamo andare, anche a pasquetta, anche per un solo giorno, ben più lontano. Magari in un centro commerciale.Sapete che io non credo a quella cosa che “dopo” ne usciremo migliori, se andrà bene ne usciremo come ne saremo entrati, che non era un granché, ma probabilmente peggiori, più egoisti e più cattivi, perché non andremo a San Luca, non riscopriremo il senso del limite, che abbiamo inesorabilmente perduto. Per i miei genitori, per quelli della generazione che aveva conosciuto la guerra, non era solo la miseria, ma era appunto questo senso del limite che li teneva lì vicino, anche in un giorno di festa. Nulla, neppure il contagio, ce lo potrà ridare.