AMATRICE, TRE ANNI DOPO. UNA FERITA ANCORA APERTA
Tre anni fa il terribile sisma che ridisegnò la carta geografica dell’Italia. Un Centro Italia dilaniato, ferito mortalmente al punto che nessuna sutura riuscirà mai a ricucire. Molti di quei borghiche erano il vanto dell’Italia intera per la bellezza mozzafiato che li caratterizzava non ci sono più. La furia distruttrice del terremoto li ha spazzati via.Rasi al suolo. Dopo Amatrice e Accumoli, incorniciati in uno scenario paesaggistico tra i più spettacolari d’Italia, meta di turismo per la natura incontaminata e la cucina tradizionale, tramandata gelosamente di generazione in generazione, immerse ancora oggi nelle macerie e completamente da ricostruire, altri splendidi borghi,Visso, Ussita, Castel Sant’Angelo, Castelluccio di Norcia. I loro nomi, nei giorni della tragedia, divennero familiari a tutti noi. Abbiamo pianto con loro. Sofferto con loro. Chiesto con loro interventi immediati e ricostruzione celere. Abbiamo chiesto GIUSTIZIA e pene certe per i responsabili.Perché come disse il vescovo di Rieti, Mons. Pompili, dinanzi a quelle bare messe in fila per l’ultimo saluto ‘non è il terremoto ad uccidere, ma le opere dell’uomo’. O meglio l’incuria umana. Quella che in nome del profitto se ne infischia di divieti e limitazioni paesaggistiche, che cementifica in ogni dove, interrando fiumi, sradicando boschi, deviando corsi d’acqua. E quando costruisce, sempre in nome del vil denaro, utilizza più sabbia che cemento. Quella che brutalizza e violenta la natura.La stessa che poi si ribella e presenta il conto. Salato. Salatissimo.Morte e distruzione. Visibile ancora oggi, dopo tre anni. Dopo quella terribile notte quando cambiò tutto. 299 il numero delle vittime. Alle quali si deve rispetto e giustizia. Tre governi si sono succeduti da allora,quello di Matteo Renzi, di Gentiloni e l’ultimo di Conte. Tante le passerelle dei politici, troppe le promesse fatte,poche, pochissime quelle mantenute.Moltissimi gli edifici ancora da mettere in sicurezza, migliaia le tonnellate di detriti da portare via e beffa delle beffe, molti paesi sono diroccati più ancora del giorno in cui per la prima volta la terra tremò. Quel che non venne giù allora è crollato con le scosse successive. Oggi è il giorno del ricordo. Della commemorazione della vittime. Ma anche della rabbia. Per quello che sarebbe dovuto essere e ancora non è stato fatto.A rimboccarsi le maniche, i privati.I comuni cittadini che non s’arrendono. Che rivogliono la loro quotidianità. Tra quelle montagne, le più belle d’Italia.Per non dover dire ‘c’erano una volta dei borghi meravigliosi’.
