CORONAVIRUS, LA CITTÀ SI È SVEGLIATA PIÙ VULNERABILE

La città si è svegliata più vulnerabile – e quindi più responsabile e prudente.Siamo chiamati alla pazienza, cui non siamo più abituati.L’ordinanza ci pare non sostenibile, alla lunga (“stiamo tutti in casa da soli, evitando il contatto con chiunque altro”). Nelle carceri esplode la rivolta per le visite sospese. Dalle stanze gli anziani guardano fuori dalla finestra, mentre volontari si fanno in quattro per garantire loro la consegna dei pasti a domicilio. I bambini vengono affidati ai nonni e i rider continuano a imperversare nelle strade, nella contraddizione. Ci si interroga sulla necessità dell’isola e sul senso di comunità. Dal canto loro gli adolescenti scalpitano.E sono un grande tema.Dovranno inventare una socialità diversa che duri fino ad aprile e non si esaurisca sul web. Equilibri nuovi e regole chiare, rigorose e sostenibili. I ragazzi ci pensano su.A noi spetta guidarli (cosa non banale).. ****Ci sono tante cose che si possono chiedere a un adolescente. La più difficile è quella di tirare il freno. Di stare a casa. Di preferire il divano alla scoperta del mondo. La socialità ai tempi del Coronavirus è una cosa complicata. Con le autorità sanitarie che ogni giorno di più richiamano a una vita di clausura, ma con i giovani milanesi, che si sono ritrovati nel cuore della zona rossa, che provano a far finta di niente e andare oltre l’ostacolo. «Da ieri a oggi non è cambiato niente, continuerò a vedermi con il mio gruppo di amici nel pieno rispetto dell’emergenza sanitaria — dice Reda Aassoul, studente del Politecnico, con la forza dei suoi 20 anni —. Cambiare le abitudini di vita sarebbe controproducente. Il peso è soprattutto sui nostri genitori, che cedendo all’allarmismo ci vorrebbero chiusi in casa». Eccolo il confronto generazionale: la paura che si fa saggezza da una parte. Il coraggio che diventa incoscienza dall’altra. «Penso che uscire e incontrarsi con le proprie amiche possa aiutare a superare questo periodo surreale, l’unico modo per respirare un po’ d’aria», aggiunge Giorgia Boemi, 18 anni. Stessa spiaggia stesso mare per Riccardo Serra, 17 anni: «Non penso che sia una cosa di cui avere paura e di conseguenza barricarsi in casa. Quello che farò certamente è evitare i locali affollati», dice, senza dar troppo l’idea di portarsi dietro il metro per tenere le distanze di sicurezza. Come Bianca Romito, 15 anni: «Col massimo del rispetto per l emergenza sanitaria, le nostre abitudini di socialità cambieranno poco».C’è anche chi però, bollettino dopo bollettino, ha colto il senso dell’emergenza collettiva. Rocco Vita, 20 anni, nel limbo dell’università sospesa causa decreto, si è messo a disposizione per fare volontariato familiare: «Mi sono reso disponibile per fare la spesa per mio nonno malato oncologico. Non voglio che esca di casa, è troppo pericoloso». Anche la sua vita di sempre prosegue con una tara: «Continuo a uscire ma evitando baci e abbracci», dice, mentre si lava le mani per la terza volta nelle ultime tre ore. E stavolta non è solo una paranoia adolescenziale. «Nel contesto generale mi aspettavo la decisione di chiudere la Lombardia. Ma la cosa che mi pesa di più non è non poter uscire la sera con gli amici, ma i limiti di circolazione — spiega Giovanni Tam, 16 anni —. Questo weekend saremmo dovuti andare a trovare i nonni che non vedevamo da Natale, a Udine.Sofia Stella, 19 anni, cerca di mettere qualche puntino sul puzzle delle nuove regole. La preoccupazione (diffusa) è sempre quella di fare sacrifici che sarebbero vanificati dal menefreghismo altrui. «Mi rendo conto che la situazione sia molto complicata da gestire per le autorità. Per noi è molto più semplice, basterebbe attenerci a semplici regole, adesso è tutto nelle nostre mani», dice.Per dare il buon esempio questo weekend non è uscita come capita di solito. Una cenetta a casa: minimo sindacale. «Sono musicista, un po’ pazza per natura, ma anche particolarmente ipocondriaca — aggiunge Silvia Borghese, 15 anni, del liceo Parini —. Inizialmente non ci davo peso poi mamma mi ha spiegato i pericoli che corrono soprattutto i nonni e che noi possiamo essere un veicolo per il virus. Per cui mi sembra irresponsabile che alcuni miei coetanei continuino a darsi appuntamenti in giro». Eccola la mancanza di rispetto che può diventare una trappola.Ma anche l’occasione per i giovani d’oggi di superare con il proprio ottimismo una delle prove più difficili della storia del Paese. Un’emergenza venuta fuori così, da un giorno all’altro. Ma i giovani sono allenati a incassare i rimbalzi della vita.