RIAPRIRE LA LOMBARDIA. ECCO PERCHÉ MI ASSALE L’ANGOSCIA
Perché, mentre leggo le quattro D del piano di riapertura della Regione Lombardia, invece di sollievo e di gioia per lo slucchettamento annunciato, avverto qualcosa di molto simile all’angoscia? Forse, molto semplicemente, mentre sento passare le ambulanze di notte, mentre faccio il giro d’aria vicino al cimitero di Lambrate, questo mi accade perché penso che qui, in Lombardia, stanno usando ai fini di propaganda politica la strage di un povero popolo? Non vorrei farne una questione politica proprio per rispetto dei morti, dei malati, di chi soffre, anche di chi sta così così: e ognuno di noi, in Lombardia, per dire come stanno le cose da queste parti, ha patito o conosce in prima persona la devastazione del Covid 19. Qui non ci sono stati gradi di separazione dalla pandemia. Non voglio farne una questione politica, dicevo. Sono disposto anche a essere paziente – fino all’esasperazione, oltre il limite dell’educazione civica e oltre il limite della credulità e dell’idiozia – e aspettare i risultati delle inchieste sulla Baggina e sulla gestione delle Residenze per gli anziani. Sono disposto a sospendere il giudizio e fare finta di non aver sentito e letto le strazianti storie che ne escono e che ne usciranno. Sono disposto anche a essere ingenuo e a non notare (dopo aver lavorato per trent’anni nel mondo della comunicazione) che le quattro D non sono altro che un misero slogan, un po’ di marketing gettato come belletto tra i cadaveri da intontiti esperti di comunicazione… Ma torniamo da capo. Perché invece di sollievo provo questo senso di angoscia, mentre leggo i proclami dei generali della Regione Lombardia? Perché mi chiedo se ci forniranno pure un bicchierino di grappa, come ai fanti della prima guerra mondiale prima di uscire dalla trincea? Forse non sono altro che un soldato codardo oppure, ancora peggio, un disfattista? Forse semplicemente non mi fido di loro?
