BOLOGNA 21 APRILE 1945, “LIBERATO IN BICICLETTA”

BOLOGNA 21 APRILE 1945, “LIBERATO IN BICICLETTA”

Una mia personale versione molto autobiografica della Liberazione di Bologna, pubblicata su Remocontro, il blog di Ennio Remondino La via che ricorda la data della Liberazione si chiama Ventuno Aprile 1945. Come dire che l’entrata in una città già da un giorno sotto il controllo dei partigiani, venne effettuata dalle truppe alleate quattro giorni prima della data festeggiata a livello nazionale e non solo.Un’entrata attesa a lungo. Forse pure troppo a lungo. Già il 14 ottobre del 1944 gli alleati, Usa in testa, avevano conquistato Livergnano dopo una battaglia di cinque giorni. Livergnano è un paese a soli 23 km da Bologna, 23 km di strada pianeggiante o quasi. Perché non puntare direttamente su Bologna e stabilire lì un punto avanzato della linea gotica, come fatto nella pianura romagnola? Domanda senza risposta. Dietrologia vorrebbe che lasciare il bolognese nelle mani dei nazisti durante l’inverno potesse costare la vita a parecchi partigiani, molti dei quali comunisti e quindi non graditi al comando alleato. Dietrologia, ovviamente, ma non è che abbondino altre risposte.Come che sia, con la primavera, si creano le condizioni per la Liberazione di Bologna. I tedeschi sono in difficoltà. E’ oscuramento e minaccia di bombe. Un posto di blocco della Wehrmacht stazione sulla cerchia delle mura, all’altezza di Porta Sant’Isaia. Si avvicina un uomo, alla guida di una bici allestita come un triciclo. Sul davanti un cassonetto con una donna sdraiata e una coperta sulla pancia. L’ufficiale tedesco intima l’alto là. La bici si ferma e la donna comincia ad urlare. Un soldato solleva la coperta e illumina la donna con una lampada, la donna urla più forte. L’ufficiale non è un ginecologo ma ci vuole poco a capire che quelle sono doglie da parto imminente. Il triciclo viene fatto passare verso il centro città, direzione maternità. Il posto di blocco è stato “forzato”. Via Sant’Isaia, via Barberia sono strade in salita (dell’uno per cento, ma per il ciclista sembrano il Pordoi). Arriva dove deve arrivare. Per la Wehrmacht è stato uno dei mille possibili segnali che il loro comando sulla città era alla fine. Suonarono le campane il 21 di aprile. Mia madre mi strinse forte e pianse. Per la gioia che tutto fosse finito. E per il dolore di un ricordo, quello di un padre e di una sorella tra le 1000 vittime di un bombardamento degli Usa sulla popolazione civile di Bologna, il 25 settembre del 1943. Mio padre e mia madre invece vissero a lungo. Mio padre consacrò il suo ciclo vitale con due date già passate alla storia. Quella della nascita (scoperta dell’America) e quella della morte (presa della Bastiglia). Mia madre invece terminò la sua esistenza un 24 di marzo, una data che coincideva con quella che, qualche anno prima, aveva visto l’inizio dei bombardamenti della Nato sulla Jugoslavia. Come se avesse voluto ricordarmi che era stata lei, la prima, che mi aveva insegnato ad odiare le bombe e le guerre”.