CORONAVIRUS, NON SIAMO CINICI SE SOGNIAMO IL MARE. SIAMO VIVI
Qualcuno si domanda come si fa a pensare alle vacanze, al mare quando ogni giorno piangiamo non meno di 600 morti. Come si fa a pensare alla forma fisica alla corsetta alla passeggiata in piena emergenza sanitaria. Con migliaia di famiglie che rischiano il posto di lavoro e altrettante che non hanno di che mettere a tavola. Dopo quasi due mesi di reclusione forzata, di bollettini medici del terrore delle 18, di progetti di vita azzerati, di distanziamento sociale, museruola e gel disinfettanti…come si fa? Bisogna essere veramente dei maledetti cinici o marci fino al midollo. Per desiderare di voler tornare a lavorare. Di voler riabbracciare i nostri cari, rivedere i nostri amici, stringere mani, dare pacche sulle spalle e baci coi pizzicotti ai nipoti. Bisogna essere veramente spudorati, egoisti e disgustosamente superficiali. Per voler parlare di vacanze mare sole allegria leggerezza risate. Dopo aver condensato il nostro linguaggio (e i nostri pensieri) in pochi essenziale termini legati all’emergenza.Virus tamponi test mascherine gel distanziamento blocco. Vuoti interiori da colmare, tempo libero da riempire.Leggendo scrivendo studiando sferruzzando impastando.A volte pregando, altre imprecando. E molto sperando che questo brutto incubo finisca presto. Per estinzione naturale o terapeutico. Più piangiamo i morti più agogniamo la vita.Più contiamo le mattonelle del nostro appartamento più sogniamo di affondare i piedi nella soffice sabbia del mare. Più viviamo reclusi più desideriamo la libertà. Non siamo malvagi cinici o superficiali.Siamo semplicemente vivi.Addolorati, spaventati, impotenti, incazzati …ma vivi
