LIBRI. INTERVISTA A PAOLO BROGI: 68 CE N’EST QU’UN DEBUT…STORIE DI UN MONDO IN RIVOLTA

LIBRI. INTERVISTA A PAOLO BROGI: 68 CE N’EST QU’UN DEBUT…STORIE DI UN MONDO IN RIVOLTA

Il giornalista e scrittore Paolo Brogi è l’autore del libro che raccoglie i racconti di un periodo che, seppur a distanza di cinquant’anni, non smette di affascinare, incuriosire e infondere speranze.Il movimento riduttivamente considerato“studentesco”è raccontato nel libro“68 Ce n’est qu’un debut…storie di un mondo in rivolta”direttamente dall’autore che vi partecipò attivamente.Tante le angolazioni da cui la narrazione prende vita cosi come tanti sono i protagonisti menzionati al suo interno.Il libro non è una mera ricostruzione dei fatti, ma uno squarcio temporale a ritroso visto con gli occhi di un testimone del tempo. D. Per quale motivo ha pensato fosse importante ai nostri giorni, ricordare il movimento del ‘68? R. Il motivo principale è senza dubbio il cinquantenario dalla nascita del movimento che verrà celebrato il prossimo anno ma anche perché se ne possono trarre dei messaggi ancora utili.Ritengo infatti che una parte del messaggio del ‘68 è ancora vivo e vegeto.Lo sciopero di Amazon avvenuto di recente potrebbe ritenersi in linea con lo spirito che animava il movimento, una manifestazione di dissenso a difesa della dignità umana.Oggi la lotta è in difesa della dignità del lavoro dal precariato. D. L’episodio di Amazon, con cui tanti precari, difendono il loro diritto al lavoro può a Suo avviso, instillare un minimo di orgoglio in una generazione che ripetutamente viene definita apatica e che subisce passivamente le ingerenze che arrivano dall’alto nella propria vita? R. Bisogna considerare una cosa importante, la generazione del ‘68 era numericamente superiore rispetto ai coetanei di questa generazione, la nostra era formata dalle nuove leve delle famiglie che si erano costituite dopo la guerra, attualmente invece, oltre ad essere in numero inferiore sono ulteriormente parcellizzati dal mercato del lavoro.Se in un contesto in cui vengono massificati, quale sia Amazon piuttosto che Ikea, riescono comunque a rispondere è un segno di una novità.Non posso sapere se quanto accaduto con gli scioperi porterà ulteriori strascichi, questo non lo si può prevedere, ciò che invece è importante è il fatto che ci sia stata una reazione, un input da una generazione, una scintilla di vita che permette di scorgere nel presente delle cose buone, quali il rispetto per la determinazione dell’uomo in quanto lavoratore e nella difesa della sua dignità in quanto tale. D. Lei che ha vissuto in prima persona il movimento del ‘68, si è sentito deluso dalla generazioni che si sono succedute per non aver ereditato la vostra passione, la vostra ispirazione? R. Non parlerei di delusione, questo no, direi piuttosto che c’è una storia che si è strappata per altri motivi e che andrebbe recuperata.Il problema è che il 68 è stato l’arrivo e la precipitazione di una situazione economica e sociale che ha coinvolto le generazioni di tutto il mondo e che ha spinto una massa consistente di giovani a chiedere una ristrutturazione delle condizioni di vita, di studio, di lavoro.Quello che chiedevano non era una rivoluzione ma esigevano a gran voce una riforma globale.Le risposte che ne seguirono furono molto forti e accolsero l’incapacità delle democrazie e delle culture dittatoriali a rispondere in modo positivo alle richieste che venivano avanzate, sfociando come è noto in forme violente quali gli anni di piombo.Quindi no, non c’è delusione. D. Lei ha parlato di un movimento a carattere globale, noi oggi mangiamo pane e globalizzazione, siamo abituati ad essere connessi con tutto il mondo in tempo zero, col senno di poi vi siete accorti di non essere stati correttamente informati su alcuni fatti? Ci sono state delle zone d’ombra di cui avete scoperto solo a distanza di tempo e che magari in quel momento avrebbero fatto la differenza? R. Si, è accaduto che a distanza di venticinque anni siamo stati informati di una protesta avvenuta in Polonia ad opera di un uomo che a settembre si era dato fuoco per protestare contro l’invasione della Cecoslovacchia, era un segno, una falla delle comunicazioni del tempo che gli consentiva di nascondere una tragedia cosi grave. D. I sentimenti che vi accompagnavano quali erano? R. eravamo giocosi e speranzosi, eravamo convinti di poter cambiare il mondo, di essere gli artefici del cambiamento, questa è la grande differenza con quello che si vive ai nostri giorni: avevamo qualcosa che oggi non si respira più.Era un movimento che era alimentato da tante correnti quali le donne, gli operai i giovani cattolici, in modo vario era coinvolto tutto il tessuto sociale. D. Da chi vorrebbe venisse letto il Suo libro? R. Mi piacerebbe venisse letto dalle nuove generazioni.Trattandosi di un fenomeno che si è verificato cinquant’anni fa è senza dubbio un evento lontano dalla memoria storica delle nuove generazioni che ignorano quanto accaduto.Lontane sono anche le condizioni di vita di un giovane del ‘68 rispetto ad un giovane di oggi e la speranza è quindi quella di far conoscere il significato più profondo del movimento.