QUANDO BRUNO GIORDANO TEMETTE CHE AL POSTO DI PAPARELLI CI FOSSE LA SUA MAMMA
QUANDO BRUNO GIORDANO TEMETTE CHE AL POSTO DI PAPARELLI CI FOSSE LA SUA MAMMA(da G.Governi Bruno Giordano, una vita sulle montagne russe Fazi Editore) “Bruno…, che facciamo per il derby?”. Io so che cosa vuole dire la mia mamma. Vuole parlare di biglietti, lei alle partite mie non manca mai figuriamoci se vuole perdersi il derby.“Giochiamo fuori casa, è Roma-Lazio, un paio di biglietti me li faccio dare da Bruno Conti e altri due me li dà sicuramente Agostino. Altrimenti a che servono gli amici romanisti Tanto so che al ritorno devo ricambiare il favore”.“Bruno, che ci faccio con quattro biglietti?”“Come che ci fai, sono quattro Monte Mario….!”“Bruno, io non so come dirtelo ma siamo una trentina…”“Trenta! Mamma ti sei ammattita…. Dove li prendo trenta biglietti… e poi chi sono questi trenta spettatori?”Mamma tira fuori un foglio e comincia a snocciolare nomi di amiche amici e parenti vari. Molti li conosco, altri no…“Siamo trenta, la maggior parte laziali, ma ci sono anche alcuni romanisti. Siamo tutti di Trastevere e vogliamo vedere la partita tutti insieme in Curva come tifosi normali… Bruno, mi servono trenta curve”.“Mamma, sei proprio ammattita… va bene, vedrò quello che posso fare”. Un bacio alla mamma e via di corsa agli allenamenti.Nella testa mi frulla quel numero trenta…. trenta biglietti di curva… come faccio a rimediarli… se non mi sbrigo non li trovo nemmeno a pagamento. Dopo l’allenamento mi precipito a Via Col di Lana da Angelo Tonello che ha la stanza piena di gente. Appena mi vede manda via tutti e molto gentilmente mi chiede di che cosa ho bisogno.“Angelo, ho bisogno di qualche biglietto per la partita di domenica… ““Certamente, ti spettano le solite due tribune che ti ho fatto mettere da parte. Di più non possiamo perché ospita la Roma.”“Angelo, mamma mia si è messa in testa di venire alla partita con un po’ di amiche e di amici. Me sa che sono di più…”Tonello mi guarda con aria interrogativa “E quanti saranno mai?”Io esito per un attimo, faccio finta di fare un elenco mentale e poi “Ventisette… ventotto… trenta… me ne servono trenta”“Stai a scherza’, vero?”“No, non scherzo per niente… voglio trenta biglietti di curva Nord, e li voglio centrali e tutti vicini… li pago. Dammeli subito che ti faccio l’assegno”Tonello è sorpreso e titubante, nessun giocatore fino ad oggi gli ha mai fatto una richiesta simile. “Vieni, andiamo dal dottor Vona!”Vona è il segretario generale, viene, per l’organizzazione, subito dopo il presidente.Ci mette un po’ a capire, anche lui pensa a uno scherzo, poi scruta una cartina della Curva Nord che gestisce direttamente la Lazio.“Vicini ne ho trovati 25” dice il dottor Vona “5 sono poco distanti. Ti sta bene?”“Va bene” dico io “ quanto mi costano?”“Sono 7.000 a biglietto… più il diritto di prevendita sono 7.500 per 30 …. Fammi un assegno di 200.000 lire… ti faccio uno sconto”.La mia mamma è contenta, la sera l’ho lasciata che distribuiva i biglietti, stando attenta di mettere i laziali vicini e i romanisti staccati. Poi, pensando a voce alta, la sentivo dire che era meglio che i romanisti stessero in mezzo al gruppo dei laziali, così si sentivano più protetti. Quindi rimischiava le carte. Poi l’ho sentita telefonare e dire: “Bruno ci ha procurato i biglietti per il derby… no… niente… li ha pagati lui. E’ un suo regalo”. E poi ai romanisti aggiungeva: “purtroppo sono in Curva Nord, ti dovrai adattare”. Rideva felice.Arriva il sabato, la serata al solito albergo dove andiamo in ritiro prima della partita. Viene a trovarci il presidente che ci fa le solite raccomandazioni. Insomma solita atmosfera da vigilia del derby. Non dico che non sono teso però sono oramai un habitué del derby. Ne ho vinti tre e ne ho perso soltanto uno: il mio bilancio è nettamente attivo.La mattina solita colazione-pranzo alle 11 quindi partenza in pulmann per lo stadio dove arriviamo verso le 13. Iniziamo a spogliarci e a fare i primi esercizi di riscaldamento, sotto il tunnel. Do un’occhiata allo stadio, è già pieno , guardo la curva lontana e immagino mamma con le sue amiche in mezzo alla folla della Nord.Incrocio il mio amico Bruno Conti che mi sorride e poi aggiunge: “E’ inutile che ti riscaldi, tanto oggi ve damo la sveja”.“Se domani….!” gli rispondo con una pacca sulla spalla.Il tunnel si anima improvvisamente, non più soltanto giocatori che fanno il riscaldamento ma gente che corre verso il campo e poi ritorna trafelata. E’ successo qualche cosa, mi affaccio anche io e vedo che nella Nord il pubblico si è ammassato proprio nella parte centrale, mentre intorno si è fatto il vuoto. E’ successo qualche cosa di grave proprio nel settore dove sta mamma. L’istinto è di correre lì per andare a vedere ma sono andati in tanti. Nessuno pensa più al riscaldamento. Tutti noi giocatori, i laziali e i romanisti, siamo tutti in campo ad aspettare notizie. Spettatori della tribuna domandano a noi che ne sappiamo meno di loro.Ritorna qualcuno con notizie confuse “pare che ci sia un tifoso ferito… non si sa come… da qualcosa che è partito dalla sud… pare un razzo… lo hanno portato via … dicono che è morto…”.“Si sa chi è?” domando io… “ma è un uomo o una donna” chiedo titubante… penso possibile che sia proprio mamma, lì c’erano ventimila persone… è improbabile che abbiano preso mamma… Però sono tutt’altro che tranquillo, perché vedo che l’incidente è avvenuto proprio nel settore dove avevo preso i biglietti per mamma e la sua compagnia di Trastevere. Credo che abbiano fatto uno striscione con il mio nome. Non so più a chi chiedere, vedo arrivare l’arbitro D’Elia, un ottimo arbitro che sa tutto perché è stato informato dal commissario di polizia. “Signor D’Elia” chiedo “che cosa è successo?”“Mi dicono che un tifoso che stava seduto in curva è stato colpito in pieno viso da un razzo sparato dalla Sud. Di più non so…”“Mi dica perlomeno se è un uomo o una donna, sa proprio in quel settore c’è la mia mamma”“Mi hanno parlato di un uomo… ma lei Giordano manda la mamma in curva a vedere la partita?” mi chiede.Io allargo le braccia come dire non ci posso fare niente, la mia mamma è fatta così.I capitani Wilson e Santarini sono a colloquio con l’arbitro. Si parla di sospensione della partita. Il commissario di polizia e il capitano dei carabinieri responsabili dell’ordine pubblico raccomandano prudenza. I tifosi della Lazio non vogliono che si giochi, sono imbufaliti.D’Elia dice che la partita si deve giocare, non possiamo rischiare di far uscire dallo stadio decine di migliaia di persone che possono venire a contatto. Sarebbe la guerra dalle conseguenze incalcolabili. Si gioca e poi alla fine deciderò se la partita sarà regolare e lo scriverò nel mio rapporto. “Giocate” dice D’Elia “correttamente senza eccitare gli animi più di quanto già non lo siano”.Entriamo in campo e iniziamo la partita sommersi dai fischi dei laziali. E dal coro terribile di “Assassini! Assassini!” Molti spettatori hanno abbandonato lo stadio spaventati o forse soltanto indignati. Quelli che sono rimasti non vogliono che si giochi la partita. Wilson si avvicina all’arbitro e gli chiede il permesso di andare a parlare con loro. Come si avvicina centinaia di tifosi si ammassano intorno a lui. Da lontano sentiamo soltanto le urla, poi Pino ritorna in campo e sento che dice all’arbitro: “Non so se li ho convinti… proviamo a giocare”.Il primo tempo il nostro portiere sta dalla parte della Nord e ogni volta che la palla esce fuori verso la curva i tifosi ammassati sul parterre cercano di impadronirsene. I raccatapalle, con la tuta della Roma, sono spariti. Wilson, il capitano, va a recuperarlo e talvolta si ferma a parlare con i tifosi, cercando di far capire loro che la partita deve continuare. Ma non vogliono sentire ragioni.Quando c’è il cambio di campo e noi attacchiamo verso la Nord il compito di recuperare la palla me lo assumo io. La partita sta per finire sul pareggio, così come deciso dall’arbitro D’Elia, e come è giusto. Sul finire mi capita di fare un gol regolare, ma l’arbitro me lo annulla per fuori gioco. “Mi scusi Giordano” mi dice “ma è giusto che questa disgraziata partita finisca in pareggio”. Ci stringiamo la mano.La partita finisce proprio quando i tifosi della Nord si sono impadroniti dell’ultimo pallone.Io, oltre alla morte nel cuore per quello che è successo, sono preoccupato per mamma. Non mi faccio neppure la doccia, mi vesto in tutta fretta e corro a casa. La mamma non è ancora arrivata. A casa c’è soltanto mia sorella che ha seguito alla radio tutto quello che è successo. Mi dice che Tutto il calcio minuto per minuto ha raccontato tutto per filo e per segno. Mi dice che il razzo è stato sparato da un gruppo di tifosi romanisti, che il povero tifoso laziale era lì con la moglie ad aspettare l’inizio della partita, quando questo razzo gli si è infilato in un occhio. La moglie ha tentato di toglierlo ma si è ustionata a una mano. L’hanno portato fuori dello stadio, lo hanno messo su una ambulanza all’Ospedale Santo Spirito in condizioni gravissime. Un’ora dopo hanno dato la notizia che all’ospedale era giunto cadavere.Arriva mamma con alcune amiche. Ci abbracciamo.“Mamma, tu eri lì!” dico.“Sì, proprio due file sopra, se quei disgraziati alzano il tiro il razzo me lo becco io.” Piange.“L’ho visto quel poveretto, quando sono riusciti a togliergli il razzo, ho visto che l’occhio era spappolato e dall’orbita usciva il fumo. Terribile.”Mi telefona Lio. “Ma lo sai chi è quel poveretto? E’ il fratello del meccanico, dove portiamo la macchina.”Una tragedia che segna la fine di un’epoca e da inizio ad una fase che dura tutt’ora, nella quale al calcio si danno significati che vanno oltre la rivalità sportiva, ma dove si sfogheranno le tensioni sociali. In fin dei conti viviamo i cosiddetti “anni di piombo” con le stragi e le uccisioni degli uomini politici, dei sindacalisti, del presidente del più grande partito italiano, Aldo Moro, rapito, tenuto prigioniero e poi ucciso. Perché il calcio dovrebbe essere esente da questa ondata di barbarie e inciviltàGli strascichi del delitto Paparelli ce li siamo portati dietro per molti anni. Il figlio Gabriele è andato a cancellare sui muri di Roma la scritta infamante “10 100 1000 Paparelli” e soltanto qualche anno fa, quando la Lazio vinceva coppe e scudetto, su una curva romanista spiccò uno striscione che diceva “Paparelli ti sei perso i tempi belli”.
