DIFFAMA L’AZIENDA SU FACEBOOK: CASSAZIONE LICENZIAMENTO LEGITTIMO

DIFFAMA L’AZIENDA SU FACEBOOK: CASSAZIONE LICENZIAMENTO LEGITTIMO

Un post di troppo sulla bacheca Facebook è costato il posto di lavoro ad una dipendente di un’azienda di commercio di sistemi antifurto e sicurezza nel bolognese. La donna, senza fare il nome dell’impresa, si era sfogata, forse dopo una giornata particolarmente gravosa, come spesso capita a chi è avvezzo a confidare i propri stati d’animo sul diario virtuale.Ma quel“mi sono i c…di questo posto di m…e per la proprietà”,per l’azienda ha costituito un valido motivo per intimarle il licenziamento.Confermato a sua volta dai giudici del merito del tribunale di Forlì in primo grado e poi dalla Corte d’appello di Bologna in quanto in quelle parole era evidente il disprezzo espresso dalla lavoratrice nei confronti dell’azienda presso la quale prestava servizio.La donna non ci sta e si rivolge alla Cassazione ritendo illegittimo il licenziamento. Ieri la sentenza. Che conferma la legittimità dell’interruzione del contratto di lavoro per giusta causa.E’ del tutto irrilevante, per i giudici, che non sia stato fatto il nome dell’azienda. Peraltro facilmente individuabile, visto l’account della dipendente alla quale collegare l’attività svolta.Ciò che si contesta è il mezzo utilizzato, vale a dire il social network e la sua potente capacità di diffusioneche amplifica a dismisura, la pubblicizzazione del messaggio diffamatorio, raggiungendo, un numero indeterminato di persone.Pertanto è del tutto legittima la risoluzione del contrattopoiché è venuto meno il vincolo fiduciario nel rapporto datore di lavoro e dipendente. Alla Cassazione non è rimasto altro che citare se stessa, vale a dire la sentenza n° 13799 del 31 maggio 2017,con la quale ha ribadito che se si scrive un post contro il proprio datore di lavoro, che ne offende la reputazione e l’immagine dell’azienda, il licenziamento per giusta è del tutto legittimo.E’ questo è appunto il caso della dipendente che si è vista respingere il ricorso avanzato per illegittimità.Il suo non è stato un normale diritto di critica, che sarebbe stato del tutto legittimo,ma un post diffamatorio atto a offendere la reputazione del datore di lavoro e dell’azienda. Diffamazione, dunque, non critica dovuto ad un banale sfogo.Perché i soggetti cui ci si riferisce sono individuabili. Poco conta se non vengono nominati.