ROMA. ZEMAN VUOL DIRE CALCIO SPETTACOLO
In questi ultimi giorni di calcio mercato si è parlato tanto di possibili partenze e probabili arrivi, riguardanti calciatori più o meno famosi, ma in casa Roma a tenere banco nelle ultime ore è stata sicuramente la posizione di mister Zeman. In molti vogliono la separazione del club giallorosso dal tecnico boemo, richiesto a furor di popolo non più tardi di qualche mese fa, ma sono anche tanti gli addetti ai lavori che continuano invece a vedere in Zeman una garanzia di spettacolo, preparazione fisica e crescita dei giovani talenti. Quale sarebbe la scelta giusta per una squadra costruita per stare ai vertici e costretta invece a dover lottare in classifica per posizioni nettamente meno giustificate e giustificabili? È tutta colpa di Zeman? Dei calciatori? O della dirigenza? La verità, come spesso avviene nella vita di tutti i giorni, è sempre nel mezzo: il mister ha dalla sua meriti enormi, basti pensare a quello che la Roma è capace di fare quando gira, basti pensare ad un attacco che segna come nessun altro in serie A o all’incredibile crescita di giocatori quali Marquinhos e Florenzi, che difficilmente altri allenatori avrebbero portato così presto a tali livelli. Dalla sua però, vi sono anche delle mancanze, su tutte quella di focalizzarsi a volte in modo troppo eccessivo su giocatori da lui ritenuti pronti per la serie A, ma che obiettivamente non lo sono ancora come Goicochea e Tachtsidis e quello di non riuscire a dare alle sue squadre un meccanismo difensivo che funzioni. Per quanto riguarda il portiere ed il centrocampista, la troppa fiducia del mister non sta portando ai risultati sperati: l’uruguayano ha già sbagliato troppe partite e continuando a schierarlo si rischia di bruciare in primis il giocatore, che aveva bisogno di un approccio forse più lento e progressivo e in secundis si sta deprimendo Stekelenburg, uno dei portieri più concreti dell’intero panorama europeo, che la dirigenza era stata brava a portare a Roma dopo anni di vuoto in quel ruolo. Stesso discorso per il greco che sta soffrendo il passaggio dalla serie B , in un ruolo poi delicatissimo soprattutto negli schemi del boemo. Anche qui se c’è chi gioca, c’è chi sta fuori e il caso in questione porta il nome di Daniele De Rossi; su di lui il discorso è assai più complesso, viste le ultime deludenti stagioni anche quando, sulla panchina della Roma, erano presenti altri allenatori. L’impressione però, è che il tecnico boemo non stia facendo nulla per recuperare un giocatore che in nazionale dimostra ancora il suo immenso talento. A difesa del tecnico però, tutte quelle occasioni sbagliate in modo clamoroso dagli avanti della Roma che, in caso contrario, avrebbero portato tanti punti in più. La dirigenza ha fatto pochi errori, dal momento che in meno di due anni ha stravolto una squadra acquistando giocatori del calibro di Lamela, Pjanic, Destro e Osvaldo, ricomprato un marchio, fatte sponsorizzazioni importanti, proposto soluzioni alternative alla tessera del tifoso, avviate numerose altre iniziative a cominciare dal nuovo stadio, dopo anni e anni di chiacchiere. Avevano anche provato a sposare un progetto stile Barcellona, di certo non un progetto perdente e, dopo le dimissioni di Luis Enrique, hanno puntato su un tecnico che conoscesse a memoria il nostro calcio e la piazza di Roma, senza voler abbandonare però la coraggiosa idea di proporre un calcio diverso. Anche se i risultati non sono ancora dalla parte della squadra, c’è da scommettere che nel giro di qualche anno la Roma lotterà per le primissime posizioni e potrà puntare seriamente al titolo. Se Zeman ha fatto tanti errori quest’anno ed è innegabile, è anche vero che dove è andato ha portato vittorie, anche se non da lui direttamente conquistate. Questo perchè il tecnico boemo ti lascia una preparazione fisica duratura nel tempo e una struttura offensiva che si instaura nel dna dei giocatori per qualche anno. A quel punto basta affidarsi ad un sergente di ferro in grado solo di impartire rigore tattico e disciplina nello spogliatoio e il gioco è fatto; sotto questo punto di vista i numeri sono tutti dalla parte di Zeman. Guidava la Lazio quando faceva impazzire l’Italia vincendo partite con sette o otto gol all’attivo, non vinse nulla ma lasciò una squadra pronta per vincere: bastò infatti l’arrivo di un allenatore concreto e poco spettacolare, Sven Goran Eriksson e la Lazio vinse lo scudetto, sfiorandone un altro, aiutata ovviamente anche da un mercato di primissima qualità, ma di certo sfruttando a pieno gli insegnamenti del tecnico di Praga. Stessa storia qualche anno più tardi sull’altra sponda del Tevere: guidò la Roma portandola ad un quarto e quinto posto e le diede quella qualità in più, quel gioco fatto di attacco, verticalizzazione e movimento senza palla. Non arrivarono successi, ma anche qui era solo questione di tempo: si prese Capello che inculcò loro solo la voglia di vincere, il saper non mollare portando ovviamente la sua concretezza in fase difensiva ed anche qui uno scudetto vinto e altri due sfiorati. E allora: Zeman? Ti stai finalmente preparando a vincere. Questa è la speranza, questi sono i numeri.
