27 SETTEMBRE 1871: NASCEVA LA DELEDDA, GRAZIA E DETERMINAZIONE

27 SETTEMBRE 1871: NASCEVA LA DELEDDA, GRAZIA E DETERMINAZIONE

Centoquarantasei anni fa nasceva Grazia Deledda (sarà registrata soltanto il giorno successivo al Tribunale dello Stato Civile di Nuoro), la maggiore scrittrice sarda, insignita addirittura, prima donna in Italia, del Premio Nobel. Era una donna piccola, insicura, soprattutto della sua bellezza, che in verità le mancava proprio. Ma la determinazione, l’ambizione, tutte sarde, quelle sì, le possedeva. Dalla più giovane età, sempre china sui libri, a leggere, a copiare modelli e caratteri di un mondo che lei, figlia di un ricco possidente autoritario, non conosceva per contatto diretto. Nell’epistolario con Angelo De Gubernatis, studioso del folklore e orientalista, Grazia descrive la sua come una famiglia borghese ma paesana, che però le permette di usare molte libertà, soprattutto nello scrivere e nel leggere ciò che vuole e ricevere a casa sua qualunque amico. Poi, un breve viaggio a Cagliari le schiude quel mondo fino ad allora soltanto sognato. Si è appena interrotta drammaticamente una relazione e a Grazia Nuoro ormai appare come un luogo primitivo. La scrittrice, benché giovane, ha già pubblicato sei romanzi e diversi racconti, tutti con Case editrici del Continente. LaVia del maleha avuto persino una positiva recensione da parte di Capuana. La sua è stata una vocazione curata, conquistata con il lavoro e la privazione degli affetti sociali. Grazia è volubile, forse stanca, ma un che di barbaricino nel suo carattere non si può certo escluderlo. Eppure, quando a un ricevimento dalla sua padrona di casa, donna Maria Manca, conosce il suo amore di una vita, l’intendente di Finanza Palmiro Madesani, lei pare accendersi improvvisamente di incontenibile vitalità e affetto. Dopo un breve scambio di corrispondenza, i due si sposano. Palmiro è un uomo bello, disinvolto, pacato, e lei di più non può desiderare. Arrivati a Roma, passano dodici anni prima che la coppia arrivi alla dimora definitiva, un villino immerso nel verde in via Porto Maurizio, che la scrittrice fa arredare da un ebanista sassarese, Gavino Clemente. La cura della casa, unita alla scrittura ininterrotta per tutta la sera, però, la farà mancare totalmente, nel giro di poco tempo, a tutti i suoi cari e in particolare al marito. Nelle estati tra il 1908 e il 1911 Grazia si reca a Nuoro senza il marito: ancora una volta dal suo epistolario ne risulta una moglie riconoscente al marito per la bontà dimostrata nel lasciarle quell’autonomia che pur a tratti la fa sentire in colpa. Difficile definire la poetica della Deledda: per lei l’arte e il desiderio di compiacere il più possibile il grande pubblico convivono sempre, ma è in particolare nei confronti degli incarichi giornalistici che è più insofferente e vi cede soltanto perché spesso sono pagati molto bene. C’è stato un periodo in cui Grazia aveva pensato di dedicarsi totalmente a un genere, quello dell’etnografia, sarda in particolare, patrimonio fino ad allora dei non sardi. Vi rinunziò, ma rimase in lei la volontà di fondare su quest’anima selvaggia la sua ricerca della propria identità attraverso la narrazione d’invenzione, ispirandosi spesso a personaggi minori che lei rende universali. Il suo rapporto con Nuoro, i suoi abitanti, la sua famiglia, specie la parte debole, rappresentata dai due fratelli e dalla sorellina, è complesso, diviso tra il malessere causato dai pettegolezzi nei suoi confronti e un’attrazione quasi arcana per la sua terra. E infatti, tra tutte le critiche, quella che la irrita maggiormente è proprio quella di un nuorese, Leopoldo Carta, che l’accusa di riadattare nei suoi romanzi nient’altro checontos de foghile… racconti del focolare. Non è vero, sostiene lei, il contenuto dei suoi romanzi è unicamente ispirato alla realtà! Quando l’esempio di Pirandello spinge a calcare le scene, Grazia si misura con il teatro e, dopo due sostanziali fiaschi, nel pieno della moda della cultura popolare sarda, mette in scena un’opera lirica, musicata da Michetti, con sufficienti riscontri; l’autrice però è fredda, sia cinema che teatro non la soddisfano, limitano troppo il peso dell’autore. Quando, dopo diverse indiscrezioni arriva la notizia del Nobel, la Deledda si appresta diligentemente a partire per Stoccolma, in treno e con non poche recriminazioni sui costi del viaggio. A Stoccolma, tra un appuntamento e l’altro del complesso protocollo, Grazia è ritratta soprattutto per la sua timidezza e la sua cura della famiglia, anche se lei si ribella a questa etichetta in nome della consapevolezza necessaria a un artista e della sua opera cita soprattutto i personaggi della sua terra e i romanzi che le sono più cari:Elias PortolueCanne al vento. L’incontro con Mussolini, al rientro dal viaggio, è improntato da parte della Deledda al massimo realismo, e quando il Duce le chiede cosa potesse fare per lei, lei lo prega di liberare dal confino un suo concittadino. La sua ultima intervista è del ’35 e lei vi ribadisce la sua distanza dalla critica e la vicinanza ai suoi lettori. In seguito a un intervento di rimozione di un cancro al seno, si tuffa ancora di più nel lavoro, e grazie a Gavino Gabriel registra la sua voce per la Discoteca di Stato. Quando, poco dopo, per le complicazioni del male morirà, resterà di lei soltanto questa registrazione e le poche immagini della cerimonia del Nobel insieme al marito.