QUANDO GIULIETTO CHIESA MI OSPITÒ A MOSCA

QUANDO GIULIETTO CHIESA MI OSPITÒ A MOSCA

Era il 1980. Giulietto Chiesa, giunto da Genova (era, però, nato ad Acqui Terme) rimase pochi mesi all’Unità di via dei Taurini a Roma. Si preparava per andare a Mosca, corrispondente di “rottura” con l’allineamento alle posizioni del Pcus. Così fu. Io arrivavo a Roma, invece, dalla Sicilia. Erano strade che non dovevano incontrarsi. Figuriamoci: lui cominciava a raccontare la fine del breznevismo, io nel mio piccolo ero nella truppa degli inviati del terremoto in Irpinia e Basilicata. Invece, nel 1986, un segnale. Stavo nell’ufficio del redattore capo e anche responsabile della segreteria di redazione. Ci fu Chernobyl e l’unico contatto tra Mosca e Roma era la telescrivente. Furono drammatici i dispacci che ci scambiammo. Se ricordo bene, in uno mi scrisse: “Allora la nube mi sta passando sulla testa se il vento è cambiato…”.In quegli anni alla guida dell’Urss c’era già Gorbaciov. Un giorno, era la primavera del 1988, il direttore Chiaromonte e i redattori capo Foa e Ricchini mi mandarono proprio a Mosca per completare, insieme a Giulietto, un libretto annesso a l’Unità, sulla scommessa della perestrojka. Il Titolo: “Se vince Gorbaciov”. Fu in quella occasione che ritrovai Giulietto nella casa-ufficio di Ulitza Pravda. Un minuscolo appartamento nel quartiere dei giornali dove, in una stanza, troneggiava una mastodontica telescrivente che sembrava un catafalco.Da lì, da quella tastiera, Giulietto trasmetteva le sue corrispondenze impeccabili che raccontavano, anche con fonti di prima mano e affidabili, quel che si muoveva sotto il corpo dell’Urss e del Pcus. Da lì, suo ospite (e della sua compagna felicissima, Fiammetta Cucurnia, che lavorava con Alberto Jacoviello, corrispondente de La Repubblica) trasmisi anche i miei primi, incerti e traballanti pezzi sulla Conferenza di organizzazione del Pcus: era giugno e i moscoviti avvertivano un’aria nuova e di attesa per i possibili cambiamenti dovuti alla “glasnost” (trasparenza). Giulietto di questo scriveva, questo riferiva con una conquistata autorevolezza sul campo. Dopo qualche mese, Chiaromonte mi mandò a Mosca, per affiancarlo. C’era troppo lavoro. L’avventura di Gorbaciov imponeva ritmi incalzanti, c’era una mole di fatti da raccontare, le pagine dei giornali occidentali (e italiani) erano stracolme e l’Unità non poteva essere da meno. Durò per alcuni anni questa impresa.Con Giulietto è stata un’esperienza importante. Devo anche a lui la straordinaria occasione professionale che mi è capitata nella vita. Curiosamente, le nostre strade tornarono a incrociarsi molti anni dopo. Quando, caduta l’Urss, entrambi fuori da Mosca, ci trovammo a Bruxelles: io corrispondente de l’Unità e lui parlamentare europeo. Cose strane davvero. Infine, ho un’ultima immagine: lo incrociai al centro di Roma. Lui in bicicletta, io a piedi. Mi disse che aveva messo su una tv da dove proseguiva la sua personale e combattiva campagna di controinformazione sul mondo globalizzato e sui più grandi eventi internazionali. Andai a vedere il sito. Era sempre lui, lo stesso. Giulietto il “russo”. Che amava la Russia, dove era diventato anche un personaggio nei talk show. Ciao.