TOTÒ RIVIVE IN UNA FICTION

TOTÒ RIVIVE IN UNA FICTION

Siamo uomini o contagiosi? Chissà come avrebbe vissuto Totò questi lunghi giorni cadenzati dalla paura del virus, lui che era fissato con la pulizia e che quando a casa, insieme a Pier Paolo Pasolini andò a trovarlo Ninetto Davoli, in jeans e senza cravatta, appena andò via sulla poltrona su cui era seduto spruzzò il Ddt. Paradossalmente il Covid-19 ha colpito anche Antonio Griffo Focas Flavio Dicas Commeno Porfirogenito Gagliardi De Curtis di Bisanzio, altezza imperiale, conte palatino, cavaliere del Sacro Romano Impero, esarca di Ravenna, duca di Macedonia e di Illiria, principe di Costantinopoli, di Cicilia, di Tessaglia, di Ponte di Moldavia, di Dardania, del Peloponneso, conte di Cipro e di Epiro, conte e duca di Drivasto e Durazzo: c’è un progetto di fiction tv in tre puntate dedicata alla vita di Totò che sconta lo stop a tempo indeterminato causa pandemia. Un progetto «ambizioso», lo definisce il regista Luca Manfredi, vera e propria garanzia nelle biografie romanzate dei «mostri sacri» dello spettacolo: suo su Rai1 l’omaggio al mitico padre, Nino, riportato in vita da uno straordinario Elio Germano, e appena qualche settimana fa la tenera rievocazione degli anni giovanili di Alberto Sordi, affidata al brillante Edoardo Pesce. «Insieme a Federico Scardamaglia che ha prodotto Permette? Alberto Sordi abbiamo acquisito i diritti della biografia di Totò dalla famiglia De Curtis – rivela Manfredi – avevamo cominciato a lavorare al soggetto quando abbiamo dovuto interromperci a causa del coronavirus. La situazione del nostro settore è drammatica, non si sa come e quando potremo tornare su un set, gli attori si baciano, si abbracciano, a volte per girare si sta cento persone dentro una casa. Come si potrà riprendere tutto questo in sicurezza?». Lo sconforto però dura un attimo: Luca porta un cognome che è sinonimo di resistenza, il padre Nino da giovane era dato per spacciato dai medici e poi invece ha vinto la sua battaglia contro la tubercolosi. Totò quindi dovrà solo avere pazienza e aspettare. D’altra parte ci è abituato: la prima volta che si parlò di un film sugli anni giovanili del Principe De Curtis, a cavallo tra il 1920 e il 1930, gli anni difficili delle scritture senza paga, delle scarpe sfondate, della fame, della miseria «copione della vera comicità», fu nel 1994 e il copione abbozzato dalla figlia, Liliana De Curtis, fu inviato a Bob De Niro, affinché fosse lui il protagonista.«C’è una foto giovanile di mio padre – disse Liliana – e la somiglianza con De Niro è formidabile». Non se ne fece niente perché nessun produttore fu interessato ad investire. Negli anni successivi, con la stessa periodico cadenza con cui si annunciava l’apertura del Museo nel Palazzo dello Spagnuolo, veniva anche rilanciata la notizia della lavorazione di un film-omaggio. Accadde nel 1997, in prossimità del centenario della nascita, e si fece il nome di Sergio Castellitto come protagonista. L’idea rimase sulla carta. Dieci anni dopo si tornò alla carica: stesso soggetto ma con interprete diverso: il premio Oscar Adrien Brody. «La nostra fiction – interviene Manfredi – è qualcosa di diverso, abbraccia tutta la vita di Totò, da quando era bambino fino all’età adulta. Probabilmente avremo bisogno di più protagonisti, per le diverse età. Sarà una ricerca molto approfondita e delicata». Di sicuro, al momento, c’è che la produzione attingerà a piene mani dal serbatoio degli attori napoletani, «non si può prescindere da questo», sottolinea Manfredi. E tra gli attori originari della Campania ce n’è uno che ha buone chance di vestire i panni del Principe, Yari Gugliucci che lo ha già interpretato a teatro in Un principe in frac. Stessa mascella sbilenca e volitiva. Manfredi non si sbilancia: «Conosco Gugliucci, vedremo, a me comunque non interessa fare l’imitazione di Totò, la nostra operazione non è come il Craxi di Favino nel film Hammamet , questi grandi artisti sono irriproducibili, il nostro sarà un omaggio affettuoso». Omaggio che non può prescindere anche da una componente privata: «Ho conosciuto Totò sul set del film Il padre di famiglia di Nanni Loy, interpretato da mio padre. Io avevo 9 anni e lui morì durante le riprese. Venne sostituito da Ugo Tognazzi. Totò era molto legato a mio padre, condividevano la passione per i cani e una volta papà gli regalò un randagio che non poteva tenere. Totò lo chiamò Manfredi e qualche tempo dopo, incontrandolo su un set, gli disse serio serio «Manfredi è morto». Salvo poi aggiungere: «Quello bravo, per fortuna, è ancora vivo».