L’ESPRESSIONE CULTURALE DI GENERAZIONI A CONFRONTO. UNA NORMALITÀ LABILE

Sulla metro c’è un vecchio, la scorsa settimana l’ho visto più volte. Se prendi tutti i giorni lo stesso vagone più o meno alla stessa ora anche in una città grande succede di incontrare le stesse persone.Questo è un signore molto vecchio e molto magro che si protegge dal calore coprendosi, con una camicia abbottonata al collo, pantaloni pesanti e scuri, un borsello e un libro.Ha le bretelle, gli danno un tocco dandy, sembrano binari, una specie di corsia che segnala ai miei occhi il cammino a scendere, quando passano dal suo viso al libro.Il primo giorno non sono riuscito a vedere che cosa leggesse.Il secondo giorno non ero più sicuro di volerlo sapere.Il terzo, quand’è sceso, a Re Umberto, mentre lo riponeva mi ha messo il libro praticamente in faccia, così ho letto autore, titolo e editore: Teresa d’Avila, Cammino di perfezione, Edizioni Paoline. «Compiere? Si dice compiere?», chiede una donna al marito, sono entrambi al bar, a un tavolino, lui legge il giornale lei no.«Sì, compiere. Perché me lo chiedi?»«Sei tu l’esperto della lingua italiana»«Sì, compiere»Non so quale sia il dubbio, sembrandomi entrambi italiani madrelingua: forse tra «compiere» e «compire»?«Non volevo compiere 70 anni», dice la signora, con una rassegnazione nella voce che mi spinge a girarmi, una signora dai capelli ancora rossicci, naturali o di tinta, sui 70 anni, il viso triste. Stamattina salendo le scale della metropolitana quindici gradini avanti a me ci sono due polpacci, sono di una ragazza, c’è una parola tatuata: ..UCE.Non leggo bene.DUCE? Possibile? O LUCE? Un tempo avrei pensato: Macché duce! Guàrdala. Vent’anni, poco più, bianca che non ha ancora preso il sole, studia o lavora, manco si mette sul balcone, il viso da secchiona, carina, curata, null’ha dell’estremista!Oggi penso a quello che scrive Hannah Arendt del criminale nazista Eichmann: «Una mezza dozzina di psichiatri l’aveva dichiarato “normale”, e uno di questi, si dice, aveva esclamato addirittura: “Più normale di quello che sono io dopo che l’ho visitato”».Hannah Arendt, La banalità del male, Feltrinelli.