I LAGER DELLA LIBIA NE L’ORDINE DELLE COSE DI ANDREA SEGRE

I LAGER DELLA LIBIA NE L’ORDINE DELLE COSE DI ANDREA SEGRE

Ho visto L’ordine delle cose, di Andrea Segre. E’ un film strano, lineare nelle immagini, ma con un senso di destrutturazione del nostro immaginario sulla realtà.Il protagonista (Pierobon bravissimo) rappresenta perfettamente l’uomo, l’essere umano, l’uomo di famiglia, l’uomo di stato, il poliziotto, l’uomo comune. Il regista riesce a raccontarcelo benissimo.Non racconto la storia, anche perché io mi aspettavo un’altro tema e mi sono piacevolmente lasciata condurre dal film fino alla fine.Curioso però come accanto a me le persona commentavano le cose più leggere, come alcune battute di Battiston, e non coglievano l’assoluta realtà di quello che stavano vedendo. Forse era rassicurante pensare che fosse solo un film, una finzione. Putroppo invece è tutto vero, anzi, Segre ci ha alleggerito lo sguardo sui centri di detenzione in Libia.Perché se non l’avesse fatto ognuno di noi sarebbe tornato a casa pensando di essere un miserabile sapendo quello che accade laggiù anche a causa dei nostri governi.La notizia ufficiale è uscita dopo le riprese del film, con la presidentessa di MSF che ha raccontato di quello che ha visto nei lager in Libia. Non oso immaginare cosa accade nelle zone “off limits”. Terribile, arrivano notizie terribili. Non si percepisce la tragedia fino in fondo perché vivendo dalla parte giusta del mare non riusciamo a capire e a vedere. Questo mi spaventa, sentirmi completamente impotente di fronte a un nuovo Olocausto sapendo che sta accadendo davvero mi getta nello sconforto.Valentina Carneluttiinterpreta benissimo la moglie del protagonista, scrollandosi di dosso qualsiasi stereotipo che poteva rinchiuderla in un personaggio negativo. E’ umana, sorridente, amorevole, inconsapevole, ma non fredda e distaccata come ci si aspetta da una donna del nord.Battiston sempre bravo, ma qui meno di altre volte, nel film di Matteo Oleotto era perfetto.Esci dalla sala in silenzio. Come se ti avessero sorpreso a fare qualcosa di sbagliato. Quel qualcosa di sbagliato è proprio restare in silenzio.Il film lascia un dubbio a noi, ma una certezza al protagonista: fare un accordo con i libici per limitare gli arrivi in Italia in cambio di denaro li porterà a lasciare a morire in mare centinaia di migliaia di esseri umani che ai centri di detenzioni non arriveranno mai, se non pagando in qualche modo anche quella prigionia. E per il senso dello stato, dell’ordine delle cose (titolo perfetto), non deve fare nulla.(unico appunto: al Giulio Cesare a Roma, tutte le parti in inglese non erano sottotitolate, era comprensibile, ma non per tutti)