“LA MEZZANOTTE DI RADIODUE” CON LORENZO BUCCELLA

“LA MEZZANOTTE DI RADIODUE” CON LORENZO BUCCELLA

ANNI FA, LO CHIAMAVO DI NOTTE, IN GENERE VERSO L’UNA. LUI SAPEVA. LO INVITAVO A DIR LA SUA, AL TELEFONO, SU QUESTO O SU QUELLO, IN LINEA CON LA TRASMISSIONE “LA MEZZANOTTE DI RADIODUE” CHE ALLORA GESTIVO, CREAVO, A IMPULSI DI QUALCHE SETTIMANA, CON LORENZO BUCCELLA. NIENTE DI SCRITTO, TRANNE IL TESTO DELLA POESIA DI LORENZO, NE SCRIVEVA UNA AL GIORNO E LA LEGGEVA PER APRIRE LE DANZE. È COSÌ CHE SULLA BASE DI UN ACCORDO DI MASSIMA SENZA ALCUN IMPEGNO DA PARTE SUA, AD UN CERTO PUNTO CHIAMAVO PAOLO CIARCHI, QUASI MAI NELLO STESSO POSTO DELLA SERA PRIMA. QUESTA VAGHEZZA TERRITORIALE RENDEVA LA SUA IMMAGINE VIRTUALE EVANESCENTE ANCHE PER CHI, IN ASCOLTO, NON SAPEVA CHI FOSSE E QUANTO QUELLA INQUIETUDINE TOPOGRAFICA FOSSE DA QUALCHE PARTE LA SUA STRADA, LA FREQUENZA DI VIBRAZIONE DELLA SUA CREATIVITÀ . DA QUESTA POSTAZIONE FORNIVA RAGGUAGLI SUI PROBLEMI DEL GENERE UMANO, CON ENORME, ASSURDISSIMA COMPETENZA. IL CIARCHI ERA UNO CHE LA SAPEVA LUNGA, NEL SENSO CHE AVEVA UNA FANTASTICA CULTURA, VASTISSIMA, E SAPEVA METTERLA IN SCENA CON L’ABILITÀ SENZA LIMITI DI UNO ZANNI FELICE. UNO ZANNI ENCICLOPEDICO, UN “REDUCE” RUZANTINO CON LA CULTURA DI UN “DOTÒR”. QUEL CHE DICEVA AL MICROFONO NON È RIPETIBILE, ERANO COSTRUZIONI FANTASTICHE E ANCHE NO, MESCOLATE ASSIEME, SCATOLE PIENE E SCATOLE VUOTE. UN GRAN GIOCO PERFETTAMENTE LUCIDO DI CUI ANDAVANO PAZZI SOPRATTUTTO I BAMBINI. CREAVA ANCHE COSÌ POI ERA UN OTTIMO CHITARRISTA, GRAN BEL TOCCO, DI ALTO LIVELLO, E CANTAVA. DA QUANDO ERA PICCOLO. CABARET NELLE OSSA, CANTO POPOLARE E DI LOTTA. PAOLO ERA MAGRO, OSSUTO, SCAVATO MA FORTE COME UN LEONE E SANO COME UN PESCE. AVEVA SETTANT’ANNI DA UN PEZZO, MA NE MOSTRAVA VENTI DI MENO E CIOÈ COME STAVA SCRITTO NEI GEROGLIFICI DELLA VITA: CODINO, CAMICIA A FIORI, GILET, JEANS, SANDALI AI PIEDI, UNA CIOTTOLA DI MATE AL FIANCO. UN PROTOTIPO, NON UN TIPO, SENZA TEMPO. ELASTICO, SEMPRE MOBILE, VOCE INALTERABILE, FORTE E SENZA ARABESCHI, CANTAVA DAVVERO NON INTERPRETAVA. SULLA STESSA SCENA IN CUI IN QUEGLI ANNI SESSANTA, MILANO POTEVA CONTARE SU COCHI E RENATO, JANNACCI, DARIO FO, GIOVANNA MARINI DI GIRO, OLTRE A TANTI ALTRI. CON QUEI QUATTRO COLLABORA, CON DARIO E ALTRI GRANDI ARTISTI METTE SU “BELLA CIAO”, STORIA CANTATA DELL’ITALIA DI ALLORA, CHE ESPLODE COME BOMBA AL FESTIVAL DEI DUE MONDI DI SPOLETO E SPOSTA QUALCOSA IN QUESTO PAESE. COMPONE LA MUSICA DI “HO VISTO UN RE” – FATTO CHE DA SOLO DOVREBBE GARANTIRGLI UN CHIODO NELLA STORIA DELLE MOLTITUDINI – TORNA SULLE SCENE CON FO PER “CI RAGIONO E CANTO”. ABITAVA CON LA SUA BELLA ISABELLA – REGISTA DI DOCUMENTARI – NEL CENTRO DI MILANO. STAVA IN UNA CASA PICCOLISSIMA MA STREPITOSA ANNEGATA, NASCOSTA, MIMETIZZATA TRA I PALAZZI MOLTO ELEGANTI DI UNA DELLE VIE PIÙ FIGHE DELLA CITTÀ. UN MEZZANINO FANTASTICO INCISTATO IN UNO DI QUEI PALAZZI DA CUI USCIVANO SIGNORE E SIGNORI IN GRAN LUSTRO CLASSIC-BOURGEOIS MENTRE ENTRAVA QUESTO RAGAZZO DI ETÀ INDEFINIBILE, CON LA SUA FASCINOSA RAGAZZA, CHE CERTAMENTE A PIEDI DOVEVA ESSERE TORNATO DA WOODSTOCK SENZA MAI CAMBIARE NEPPURE LA MAGLIETTA DELLA SALUTE. MA PAOLO ERA PULITISSIMO. LUI E LEI, DUE GRANDI, BRAVISSIMI, COMPAGNI ALTERNATIVI FINO AL MIDOLLO E ONESTI DI TESTA E DI CUORE COLLOCATI DALLA SORTE NEL CUORE DELL’APLOMB PIÙ RIGOROSAMENTE BORGHESE D’EUROPA, CREDO. UN CONTROSENSO DI GRANDE BELLEZZA. IVAN DELLA MEA LO AMAVA, AVEVA CAPITO LA SUA GRANDEZZA E SI VOLEVANO BENE. MA PAOLO ERA AMATO E STIMATO DA TUTTI I COMPONENTI DEI VECCHI CANZONIERI ITALIANI, ERA DAVVERO LA FELICITÀ DI CHI GLI STAVA VICINO, UN PO’ COME RENATO NICOLINI O HUGO PRATT. DIVERSAMENTE DA LORO, SAPEVA SUONARE CON ECCELLENTI RISULTATI OGNI TIPO DI CORPO SOLIDO, FACENDO CANTARE COME TROMBA LE ZAMPE DI UN VECCHIO TAVOLO DI FORMICA. AVEVO UN AMICO CHE SAPEVA FAR CANTARE LE ZAMPE DI UN TAVOLO.