VERONA, SEI UNA STREGA?

VERONA, SEI UNA STREGA?

«Magna Verona vale, valeas per saecula semper et celebrent gentes nomen in orbe tuum» Verona, conoscerti è stato un privilegio come allungare il passo nell’inquietudine di un sapere che non ha limiti. Chi non attraversa le vie lastricate della tua storia, mancherà sempre un po’ a se stesso e ai millenni che hanno preceduto. Sto per rientrare nella mia isola, un’Atlantide circonfusa di misteri e silenzi, sbrecciati solo dall’urlo del maestrale. Un potente ‘airone’ d’acciaio mi riporterà in quelle aspre solitudini. Si accendono  potenti i motori, l’aereo percorre a fortissima velocità quel tratto di prospettiva quasi incombente, e infine s’alza in volo come un comune essere alato. Pochi secondi per raggiungere colonne d’aria rarefatta, mentre le ali urtano le atmosfere soffici della notte. E’ una sera calma della prima decade di ottobre, e il clima a Verona è stato indulgente. Verona.. Eccola dall’alto mentre ne sorvoliamo i dintorni avvolti in una leggera foschia; una proiezione di luci rimbalza nell’oscurità con immagini quasi irreali. L’Adige è un itinerario nero e serpeggiante, quasi invisibile. Mentre si va sempre più in alto ricordo le emozioni degli ultimi giorni, rivolto le immagini di questa città quasi inverosimile. Una settimana nello splendore del tuo centro storico, per vedere quanto basta a renderti indimenticabile. Mi rivedo nei selciati dei vicoli illuminati da vecchie lanterne con bracci in ferro battuto, e ho l’impressione che nulla sia cambiato nella cripta della tua anima antica. Mi sembra di calpestare frammenti di storia, mentre osservo in ogni angolo prospetti d’Arte che s’aprono su gloriosi orizzonti, dopo avere ‘vestito’ i secoli in abiti di lusso. Il tuo profilo storico è un epicentro che s’esprime in pulpiti grandiosi:  tutto vi ruota intorno con magnetismi che dilatano il tempo, lo precipitano in altri scenari di vita. Se non ci fossero le luminarie, e le insegne dei negozi nei portici dei palazzi, la simbiosi col passato sarebbe totale. Ma l’attrito tra i secoli qui può diventare un soffio, se il visitatore s’abbandona al fascino delle attrattive architettoniche, o alla suggestione delle bellezze naturali. Queste ultime formano perfetta simbiosi con l’eclettismo dell’estro: degna cornice, la natura quando racchiude i talenti umani nella sua magnificenza. Qui ogni epoca ha espresso capolavori con finezze inaudite, negli angoli in vista e anche in quelli più nascosti. Sei bellissima Verona, anche tra le quinte brumose dei monti e le pendenze dei colli vicini, dove spicca la merlatura dei castelli o s’alza fiero il vertice dei campanili. Mi rivedo ad attraversare ponti, a scrutare grandi volatili che volteggiano come note bianche tra i panneggi del tramonto intorno all’Adige, li vedo sfiorare la superficie dell’acqua e planare ancora nelle indefinite frontiere della sera. Mi fermo sotto un lampione ad osservare il fiume; ne ascolto il gorgoglìo sommesso e lo scorrere lento, sembra l’andatura indolente di un vecchio generale col dorso pieno di medaglie. I ponti che lo attraversano sono già transiti di tempo, riflessi d’epoche inquiete, che ancora sussultano. Basti pensare al romano ponte Pietra e a quello degli Scaligeri, bellissimi entrambi. La Chiesa di San Fermo è una delle più spettacolari, edificata su due livelli in epoche diverse. Bene in vista gli archi a sesto acuto, che creano elevazioni e slanci di grande effetto; straordinaria la strombatura dei portali, con guglie, bassorilievi e decori che lo rendono un’opera monumentale, magnifica e imponente se osservata arrivando dal ponte delle Navi. Proseguo nella carrellata dei ricordi verso il centro, la visione dei monumenti è spettacolo che incatena gli occhi: spuntano ovunque volga lo sguardo. Sono ubicati nelle zone più improbabili e sembrano irreali, opere di uno scaltro illusionista. Così m’appare l’alta torre dei Lamberti e, poco oltre, Piazza delle Erbe, l’antica sede del Foro in epoca imperiale, oggi fiancheggiata da edifici che sono come capitoli aperti nella storia Medievale. La pietra che circonda la piazza, è colorata di bianco e rosa, con venature lucide, che la fanno apparire un’immensa sala con arredi d’eccezione. Nell’adiacente Piazza dei Signori si può avvertire un certo misticismo, un’aura che avvolge i monumenti con richiami che provengono dall’abisso dei secoli. Al centro della piazza campeggia severa la statua di Dante, il quale fu per lungo tempo ospite in questi palazzi, mentre era impegnato nella stesura della divina e immortale Commedia che ci ha lasciato. Poco più avanti un’altra stazione del sublime: è la chiesetta di santa Maria Antica, con il suo stile Romanico sobrio e raccolto; accanto ad essa le arche Scaligere, mirabili monumenti funerari dei principi di Verona. Alcune sono sospese in baldacchini marmorei, sculture equestri che si elevano verso il cielo come in un interminabile torneo pietrificato; un capolavoro, sontuosa mensa per gli occhi. Verona, sei terribilmente bella. Un privilegio che hai scontato nei secoli, con attenzioni che miravano alla conquista, e liberarsi dai tanti bramosi ‘spasimanti’ non sarà stato facile. Città da amare e simbolo dell’amore, quello reso immortale da Shakespeare: la Casa di Giulietta è qui vicino, vi si accede facilmente, assediata da carovane di turisti bramosi di farsi fotografare con la statua del mito. Nel silenzio dei vicoli più riservati, dove le antiche lanterne s’allungano con i loro bracci neri, ci furono notti in cui la libertà si vendeva nel buio delle botteghe e delle contrade. All’epoca, l’Austria, vigilava con i suoi gendarmi, dall’alto di Castel San Pietro. Il colle, con il castello e l’ampio cortile esterno, offre un magnifico panorama della città, da cui s’innalzano solenni e alti come minareti, i campanili delle splendide chiese veronesi. Ma Verona è anche la città più romana dopo Roma, come ci ricordano le porte dei Borsari e dei Leoni, il teatro Romano, l’Arco dei Gavi, che da sempre celebra i trionfi della potente famiglia, e la maestosa Arena. E’ bello da svenire l’Anfiteatro, simbolo inequivocabile del potere di Roma, che qui lasciò un grande segno di privilegio. Come non lasciarsi impressionare dalla sua imponenza, da quel suo estendersi in forma ellittica per contenere folle incitanti e scomposte, dove un tempo si svolgevano duelli di gladiatori, e i destini erano sospesi ad un gesto. Immensa l’Arena, ha una struttura solida e possente, retta da due ordini di arcate, formate da conci di marmo a colori alterni. Domina con la sua mole la vasta piazza Bra, anche se del suo raccordo esterno è rimasto solo un moncone. Un’Ala che s’eleva alta, ricordando la magnificenza della fascia che circondava come un contrafforte l’anfiteatro. Pensare che ha duemila anni, e che ancora oggi è il più grande teatro lirico all’aperto del mondo, mi fa venire i brividi. Ma dove corri, dove vai, “Colonia Augusta”, con quest’anima Latina e un cuore prepotentemente Romano? Tu eri un lusso che nessuno straniero poté permettersi a lungo, tu così straripante d’arte in ogni nicchia di terra e di cielo, potevi solo essere italiana, Paese che possiede il patrimonio artistico più grande del mondo. E se osservo i portici, i palazzi della superba piazza Bra, sei sempre tu, splendente di colori e di luce astrale. Verona, sei una strega. Induce a pensarlo la tua magnificenza, il colore roseo dei tuoi marmi,  solo un aspetto di quel profilo che può solo avvincere, incantare. Se fossi donna potresti solo essere Cleopatra.