L’AUTARCHIA È IMPOSSIBILE

Tricolori appesi sui balconi e alle finestre, appelli per comprare italiano, tutto bello, tutto importante, ma quanto realistico?Propositi illusori, perché basta guardarsi intorno, guardare ciò che si usa e ci si rende conto che l’autarchia, l’imposizione dell’epoca del ventennio che vietava anche l’uso di parole di derivazione estera, è pressoché impossibile.Qualcuno mi indichi, ad esempio, un dispositivo elettronico di totale manifattura nazionale, dalle materie prime alle progettazione, vogliamo parlare delle autovetture? Fermo restando che non abbiamo più una casa automobilistica completamente “patriottica”, ma anche se la considerassimo tale, è statistico che ogni vettura necessita di materiali provenienti da almeno 5 nazioni, europee e extraeuropee.Guardiamo anche agli elettrodomestici, non esistono più marchi tricolori, anche le industrie presenti sono nella quasi totalità in mano a multinazionali.Ma almeno in campo agroalimentare ci sarà qualcosa di italiano? Certo ci sono, molti però, seppur hanno conservato il nome, hanno sedi all’estero, oppure si sono consegnati ad altri gruppi stranieri, stesso dicasi per la moda e l’abbigliamento in generale, qui addirittura l’etichetta “made in Italy”, nasconde molta della loro fattura in Paesi con manodopera al limite dello sfruttamento se non minorile.Allora, non prendiamoci in giro, la globalizzazione che esiste fin dall’epoca dell’Impero romano, i primi che hanno allargato i confini oltremisura, importando cultura e prodotti, ha delle regole, molte sbagliate in termini di conformità e qualità, ma è parte fondamentale della nostra vita normale, anche futura.Non sarà questa pandemia a far rivedere il nostro modo di produrre o consumare, non abbiamo materie prime, non abbiamo un’autonomia energetica, abbiamo perso molta iniziativa nel realizzare qualcosa di innovativo e dirompente in termini economici, non è un problema solo italiano, qualche sprazzo nell’informatica o nella ricerca, sicuramente molto poco, insomma chi più chi meno ha bisogno dell’altro, per quanto possa risolversi in fretta questa pandemia, non possiamo immaginare di essere più avanti di altri, se sono in ritardo con il risolverla, perché la loro crisi o il loro stare fermo è un problema anche per noi.Sarebbe comunque bello se arrivasse almeno una risposta quasi globale in termini di diritti delle persone nel lavoro e non solo, se si riuscisse ad organizzare una produzione rispettosa dell’ambiente, anche e soprattutto in termini alimentari, puntando sulla qualità e non sulla quantità, se si rispondesse anche in parte a queste prerogative, si potrebbe dire che l’emergenza sanitaria ha avuto un senso.Quindi, per piacere, basta con questi demagogici appelli nazionalisti inutili e fuorvianti, dal retrogusto razzista.