ODIARE COSTA FATICA

Eppure l’odio è un sentimento faticoso, che consuma un sacco di energia e ti mangia dentro come un cancro senza produrre mai un microbo di benessere in piu. È umano, odiare, intendiamoci. Anch’io ho odiato, come tutti, ma in genere brevemente: troppo faticoso nutrire questo sentimento, sono un pigro. Ma soprattutto è un sentimento non conveniente, non efficiente: odiare non mi ha mai dato sollievo o conforto a breve, né tanto meno utili risultati sul lungo. Almeno la sbronza, pur inutile sul lungo, sul breve serve. Odiare manco quello. In politica rarissimamente ho odiato, forse per mancanza di sufficiente passione e rabbia, chissà. Oh, manco Berlusconi prima o Salvini poi. Semmai ne ho avuto paura. Ho odiato talvolta chi mi ha fatto male nella vita, nei sentimenti, sul lavoro: poi ho appunto smesso, per pigrizia e consapevolezza acquisita dell’inefficacia di quel sentire. Ho capito, a un certo punto della vita. che l’odiante è come lo stupido di Cipolla, che fa danni agli altri e a se stesso in un’unica mossa. Superare l’odio non è ignorare o negare i conflitti. Non è quindi falso buonismo. È organizzare la conflittualità in un sistema mentale che non preveda la sofferenza altrui né (soprattutto) propria. Un’organizzazione il cui scopo ultimo è star bene. Tra l’altro, star bene è la vittoria più totale che si possa ottenere nei confronti del soggetto con cui si è in conflitto. L’odio insomma, se il nostro obiettivo è star bene individualmente e socialmente, non deve essere negato in una melassa di falso amore. Ma affrontato e declinato perché serva a qualcosa e non sia solo inutile forma di sofferenza imposta a sé o ad altri. “Pieno di compassione io guardo le vene gonfie della fronte che mostrano quanta fatica costi essere cattivo” è una frase di Brecht che ha citato questa mattina la mia amica psicologa Barbara Collevecchio.Il che rende assai meglio di questa pippa ciò che penso, ecco.