PERÙ: LA PANDEMIA SCATENA LA RECESSIONE E MOSTRA LA FRAGILITÀ DI UN MODELLO DI SVILUPPO

PERÙ: LA PANDEMIA SCATENA LA RECESSIONE E MOSTRA LA FRAGILITÀ DI UN MODELLO DI SVILUPPO

“La cosa che fa più male, in questa emergenza sanitaria ed economica, è vedere tante persone che si erano trasferite in città come Lima o Arequipa abbandonare le loro case perché non possono più  pagare l’affitto, e tornare in provincia a piedi. Dormono lungo la strada, al freddo, soprattutto in quota. Mangiano quello che trovano. A volte le loro case si trovano a oltre cinque giorni di cammino. E in tutto questo tempo sono esposte al contagio”. È la descrizione con cui Alejandra Bernedo, ricercatrice, storica e direttrice giornalistica del sito webhttps://politeama.pe/, ci aggiorna da Lima sulla pandemia in Perù. Quest’ultimo, con 51mila 189 casi totali (di cui 34mila 332 attivi) e 1444 morti, è il paese sudamericano più colpito dal Covid dopo il Brasile.“La quarantena è iniziata a metà marzo”, continua. “Era stata proclamata per due settimane, ogni volta rinnovate alla scadenza”. Sono aperti sono i negozi di alimentari, i mercati e i supermercati, i centri di salute e i commissariati. Le scuole fanno didattica online, ma solo a Lima Internet arriva alla maggioranza delle famiglie, circa il 70 per cento. Negli altri centri urbani questa percentuale scende al 50 per cento e si riduce ulteriormente nelle aree rurali. Tanto che le lezioni vengono fatte attraverso la tv, sul canale dello Stato. Sempre nella capitale, alcune strutture nate per ospitare atleti durante eventi sportivi sono state trasformate in ospedali Covid.La gestione dell’epidemia sta pesando solo sul sistema pubblico, con grandi ritardi diagnostici e raccomandazioni generiche (restare in casa e prendere il paracetamolo) ai malati con febbre: i giorni passano, i sanitari non si vedono, i tamponi non si fanno. “In compenso sappiamo di cliniche private che fanno test a pagamento, per il corrispettivo di 170 $” dice Bernedo. “È più della metà del salario minimo, per un ricovero ce ne vogliono oltre 17mila”. Non bastano i risparmi di una vita.La quarantena prevede il coprifuoco dalle 18 (in alcune zone dalle 16) alle 5 della mattina. “Ci sono i militari nelle strade” dice Bernedo. Si è avuta notizia di maltrattamenti a civili e sottufficiali da parte degli ufficiali, ma anche di attacchi della popolazione alla polizia. “Considerando la lunga storia di violenza istituzionale del nostro paese, abbiamo paura”.Per un certo periodo, è stato possibile solo uscire a giorni alternati per uomini e donne. “Un sistema” ricorda Bernedo “che ha gettato nel panico la comunità trans e presto si è rivelato inefficiente, tanto che è stato eliminato”.Domenica 10 maggio teoricamente scade l’attuale proroga della quarantena, ma è probabile che venga rinnovata, dato che la curva dei contagi continua a crescere. Nel frattempo alla crisi sanitaria si è affiancata quella economica. Il lockdown ha colpito, anche in Perù, in lavoratori informali, i freelance, le piccole imprese. “Il governo ha previsto un bonus per il lavoratori autonomi, per le imprese affinché possano pagare gli stipendi,  per le famiglie indigenti” dice Bernedo. “Ma sono state misure una tantum, mentre qui i tempi si allungano”. Da qualche giorno sono riaperti i bar, ma operano solo con take away e consegne a domicilio, con il divieto di usare app come Glovo o Rappi, dato che questi lavoratori non potrebbero contare su nessuna assicurazione medica in caso di contagio. Un preoccupazione non certo infondata: si stima che il 40 per cento dei lavoratori dei mercati sia positivo.“Altra situazione drammatica riguarda le carceri” dice Bernedo. “Le prigioni sono stipate al doppio delle loro capacità. I detenuti hanno protestato, chiedendo che vengano fatti i tamponi. A quel punto, però, ha protestato parte della società, obiettando che i tamponi devono essere riservati agli altri, quelli ‘fuori’. Chi ha commesso un crimine non ne avrebbe diritto”. Per alleviare la pressione sulle carceri, sono stati liberati o mandati ai domiciliari detenuti per reati minori o arrivati alla fine delle pena.“La pandemia ha messo a nudo le contraddizioni nelle quali abbiamo vissuto finora” afferma Bernedo. “Pensavamo di vivere nel paese della crescita miracolosa, che il terzo mondo fossero gli altri”. E ora si vede quanto quella crescita fosse fragile e fittizia. Ora appare chiaro che la disuguaglianza e l’assenza di diritti rende più vulnerabile l’intera società. “Non voglio” conclude la ricercatrice “che, quando tutto sarà finito, la povertà torni a essere tollerabile”.