SORELLANZA IN TEMPI DI COVID

Credo di non essere la sola a patire di insofferenza e disinteresse per molte questioni che sono agitate in rete e sui media. Devo scegliere accuratamente cosa leggere ed ascoltare per ottenere informazioni approfondite su quello che sta succedendo nella città e nel paese dove vivo, selezionare webinar e call a cui ogni giorno sono invitata, e considerare riviste, libri e film che mi sono segnalati come importanti in questa fase. E’ uscitaMarea con un centinaio di testimonianze femministe, raccolte e pubblicate con il gran lavoro di Monica Lanfranco, sul “dopo”, e il tradizionale incontro di Caranzano è stato sostituito per necessità da unwebinarsu “la parola femminista” che dovrei aprire insieme a una donna di trent’anni più giovane di me. Sorellanza di lunga data con tutte le testimoni che ci farà sentire meno sole e oppresse. Come lo è stato il collegamento con la Casa delle donne di Milano in cui Serena Omodei è intervenuta alla fine a raccontare il suo progetto di chiusura degli allevamenti intensivi in cui mi ha coinvolta. E dove una giovane donna che non conoscevo ha illustrato tutte le bellissime iniziative di mutualismo messe in atto dalla sua associazione, iniziative che stanno sostituendo i servizi sociali tagliati brutalmente come la sanità in nome di un debito insormontabile che ora si sta decuplicando senza colpo ferire. Si è rafforzata in me la convinzione, supportata da tanti confronti che oggi tutte le donne, anche quelle che parevano aver conquistato emancipazione ed autonomia dopo anni di lotte, si trovino in grandi difficoltà per tanti motivi. Maltrattamenti, stupri e femminicidi sono proseguiti e la violenza casalinga si è intensificata senza che governi, nazionali e locali, parlamento e consigli, e magistratura, abbiano accolto la preoccupazione espressa dai centri antiviolenza e da tante di noi sul rischio a cui molte sono sottoposte, e spesso anche i loro figli, chiusi in casa e costrette a convivere con uomini di cui hanno paura. Solo la procura di Trento da subito ha emanato un provvedimento che allontana il maltrattante anzichè costringere chi subisce ed i figli a trovare un luogo di accoglienza. Infermiere, mediche, badanti, mamme e figlie a curare in ospedale, nelle RSA, nei servizi o in casa, con il rischio di infettarsi e infettare per mancanza delle protezioni necessarie, di essere importunate o violentate in città diventate insicure, con mezzi di trasporto affollati e insufficienti per il lavoro, orari difficili da sostenere soprattutto se si hanno figli che non vanno più a scuola e che non si sa a chi affidare, impegnate in lavori a distanza e, contemporaneamente, a badare a figli, conviventi, genitori, a chi non può fare la spesa o si è ammalato “a domicilio”, con un reddito a rischio, pagate in nero o sottopagate, o non pagate tout court. Imprenditrici e commercianti senza grosse disponibilità, subissate da spese, balzelli e burocrazia, anche loro senza entrate assicurate e forse con la responsabilità di donne assunte e delle loro famiglie che non hanno neppure più la possibilità di manifestare senza essere multate. Costrette ad ascoltare ricette di vita da chi non ha mai badato a nessuno se non a sè stesso. O leggere che un consigliere triestino fascista, tal Tuiach propone una legge che propini multe se rifiutano il sesso. Ora che non è più facile pagare stupri a prostitute. Sorellanza e solidarietà vicendevole e mutuo aiuto. Ogni tanto una denuncia che fa breccia più di altre perchè ripresa anche dal N.Y Times, che mette sotto i riflettori il processo decisionale e la catena di comando maschile che sta affrontando con tante incapacità, litigi e arroganza le conseguenze della pandemia senza essere stati capaci di prevenirla, o almeno contenerla. Ne ho parlato su Marea. Solidarietà a Silvia Romano e orrore per le aggressioni a cui è stata sottoposta in patria dove sperava di essersi liberata dalla paura e soggezione del sequestro e della prigionia e si trova addosso una valanga di accuse e violenze da chi per un anno e mezzo è stato tranquillamente a disquisire di diritti, libertà e supremazia degli italiani sugli stranieri. ho commentato su fb scritti di altre così : ” Be’ avrei qualcosa da eccepire. Forse se ciascuna guardasse a se stessa anziché al corpo di Silvia e facesse conto con i suoi cedimenti ogni giorno saremmo tutte più forti e coerenti. Un conto sono le testimonianze di chi ha subito l’esperienza del rapimento come la Sgrena o di chi ha subito in Somalia le violenze, di chi ha conosciuto la realtà dei luoghi dove è stata trascinata e dei suoi carcerieri e un conto è chi guarda e giudica stando tranquilla qui e mai parlando di se’ e di quanto è scesa ai patti ogni giorno con il.potere maschile. Un po’ di autocoscienza tra noi, come suggerisce Daniela Pellegrino e qualche settimana di silenzio che ci differenzi da questa canea che si è buttata su di lei, mi piacerebbe. Un po’ di emozioni, di dolore, di empatia no? ” Maryan Ismail ha atteso un giorno prima di scrivere una lettera in cui ha descritto il terrore delle sorelle “yazide, curde, afgane, somale, irachene, libiche, yemenite per capire il dolore in cui si sprofonda. Comprendo tutto di Silvia. Al suo posto mi sarei convertita a qualsiasi cosa per non morire….ma soprattutto le racconterei di come siamo stati prima di subire la devastazione che abbiamo subito…di quanti Imam e donne sapienti ci hanno guidato… E infine ho trovato immorale e devastante” l’esibizione a cui è stata costretta al suo rientro. Io sono preoccupata anche da commenti femminili e ho chiesto un po’ di silenzio per sorellanza. Perchè e’ difficile parlare ora. E trovo vergognoso che anche su questa vicenda ci si scateni su sponde opposte. Sono profondamente laica e avrei provato lo stesso imbarazzo se fosse scesa vestita da suora ma non mi pemetto di giudicare una ragazza di 24 anni rapita e isolata da un anno e mezzo ora, a caldo, e tantomento a schierarmi su come è vestita e che dice. Leggete quello che ha scritto Sgrena, rapita e traumatizzata dall’uccisione in auto del suo liberatore, e autrice del libro “Dio odia le donne”. Quindi nè multiculturalismo nè laicismo o presunto cattolicesimo strumentali ma sorellanza e capacità di leggere il degrado in cui stiamo precipitando per capire insieme come risalire la china. Non sarà facile perchè siamo invisibili. spesso gregarie per necessità o opportunismo al potere maschile, e significhiamo poco nelle scelte pubbliche. Eppure sono passati sessanta anni da quella sentenza della Corte Costituzionale che aprì l’accesso delle donne alle cariche pubbliche fino ad allora riservate solo agli uomini, ricordata oggi su Repubblica nel dialogo tra Rosa Oliva e Linda Laura Sabbadini, dirigente Istat mobbizzata qualche tempo fa e ora inserita da Conte tardivamente nella task force di Colao. Governodilei almeno da immaginare se non siamo capaci di praticarlo collettivamente. Non c’è altra via perchè le quote le abbiamo sperimentate, la responsabilità politica, sociale e culturale l’abbiamo esercitata da secoli. Ma non siamo state capaci di sostituire questo sistema politico ed economico insostenibile e ora rischiamo veramente di essere ricacciate indietro di decenni.