GRETA A TORINO. SE LE ICONE SONO QUESTE, EVVIVA

Eccola qui la piccola Greta. Ha un freddo boia nei 5° gradi di questo pomeriggio. Esce dal piccolo Regio scortata da un cordone di poliziotti e rincorsa da un mare di fotografi. La solita cerata gialla, una felpina con cappuccio (che io metterei a luglio al mare), un cappelluccio color azzurro petrolio calato sugli occhi, va a passo veloce davanti alla prefettura e s’infila in un tendone nel retropalco. Ci spingiamo molto nella ressa per uno scatto. Pure troppo, per la mia età. Piazza Castello è piena di ragazzi, ragazzini, alcuni giovanissimi, molti con la mamma, ma non è pienissima. Di certo non come due sere fa con le sardine (35 mila). Diciamo 2 mila. Parlano a turno gli attivisti di Friday for Future. “Greta è qui perché questa è la città più inquinata d’Europa”. E’ nevicato in mattinata, il cielo è terso. Sono incazzati con il Comune (un po’, non tanto), con la Regione (moltissimo) con i giornalisti (stra moltissimo). Se ci fosse un “fischiometro” alla parola giornalisti sfonderebbe il muro del suono. Greta Thunberg va davanti al microfono senza cappello, è abbastanza livida di freddo, di quello che dice non si sente un accidente. Ha una voce bassissima e gli amplificatori sono una schifezza. “Torino è una città meravigliosa”, pare abbia sussurrato. Disse qualcosa di simile anche Madonna mezza nuda al concertone del 4 settembre del 1987 allo stadio Comunale. Alla fine canta con gli altri una specie di Bella Ciao in inglese coniugata ai temi ambientali. Ha l’aria di una bimba. Dietro non c’è nessuno, altroché Soros. Forse, e per fortuna, i suoi genitori. E’ caparbia, tosta, intelligente. Se le icone sono queste, evviva.