IL LINCIAGGIO DEI MEDIA CONTRO ENZO TORTORA

IN QUESTE ORE SI RICORDA ENZO TORTORA E SI DIMENTICAUNA PAGINA OSCENA: IL LINCIAGGIO DEI MEDIAE INFATTI NOI GIORNALISTI, COME CATEGORIA, NON CI SIAMOMAI SCUSATI PUBBLICAMENTE: SAREBBE ORA! In queste ore in tanti stanno ricordando l’anniversario della scomparsa di Enzo Tortora, che risale al 18 maggio di 32 anni fa. Nel corso degli anni il senso di quel terribile errore giudiziario è stato compreso da tutti, come dimostra l’emozione che puntualmente suscita ogni anniversario che lo riguarda. Ma pochissimi ricordano che in quella vicenda il comportamento dei giornalisti fu osceno: in gran parte asservito alla veline della Procura di Napoli. Si sporcarono le mani giornalisti di tutte le testate. Il Messaggero attribuì in prima pagina a Tortora un’ammissione mai fatta: «Vidi Turatello». Su La Stampa si fece dire ad un assassino come Barra: «Portatelo di fronte a me: saprò io cosa dirgli». Il Corriere della sera lo descrisse come «incline a un’affettazione non lontana dall’effeminatezza». Camilla Cederna scrisse: «Mi innervosiva il pappagallo che non parlava mai e lui che parlava troppo. Il successo ottenuto così, si paga». La Repubblica: «Lo spaccio operato da Tortora non consisteva certo in stecchette o bustine, ma in partite di 80 milioni a botta». Anche questo coro acritico e asservito contribuì a spingere Tortora verso il baratro e mai la categoria in quanto tale ha fatto autocritica. Si potrebbe dire: sbagliarono soltanto alcuni. La carrellata di titoli dimostra che, ancor prima dei singoli giornalisti, furono le principali testate a criminalizzare e a non cercarsi per conto proprio quale fosse la verità. Per chiedere scusa non è mai troppo tardi.