SII COME VORRAI ESSERE SILVIA

SII COME VORRAI ESSERE SILVIA

La libertá è nelle scelte di ognuno e adesso ce l’hai di nuovo. Avrai tempo, sii come vorrai essere, Silvia !****Il cielo grigio del Casoretto, periferia d’orgoglio popolare e Resistenza partigiana, accoglie Silvia Romano fermando per un attimo la pioggia. Il tempo di pochi passi avvolta nelle braccia di un capitano dei carabinieri e nello jilbab verde acqua con cui è tornata in Italia dopo 18 mesi di prigionia: «Sto bene, sto bene».Quando la sorella Giulia apre lo sportello posteriore della Hyundai Ix35 con cui è arrivata da Roma insieme alla mamma Francesca e al compagno, Silvia ha quasi un sussulto. Solleva il braccio destro per tenere la mascherina, mentre la schiena è piegata dal peso dello zaino nero. Uno zaino moderno, di quelli che indossano migliaia di suoi coetanei all’uscita dagli uffici o dalle università. Il velo e lo zaino portacomputer. Come a marcare l’assoluta normalità di questa ragazza di 24 anni che in qualsiasi parte del mondo sarebbe semplicemente una giovane donna. Ma che oggi nell’Italia che odia sui social viene «lapidata» dalle parole di chi le augura stupro e morte per essersi convertita all’Islam ed essere tornata nel nostro Paese con il nome di Aisha.Un sussulto di odio che adesso costringe la Prefettura di Milano a valutare una sorveglianza più rigorosa al suo palazzo da parte di polizia e carabinieri per il timore di qualche gesto di intolleranza da gruppi neofascisti o xenofobi. E che fa paura alla sua famiglia, come racconta lo zio Alberto: «Alcuni hanno messo al centro la conversione, che in quel tempo terrificante l’ha aiutata a sopravvivere, come fosse un tradimento e l’hanno fatta diventare simbolo di chissà cosa, dell’Islam. Silvia è energia pura, pulita e inesauribile, ha mosso uno tsunami colorato, eppure insieme ai fiori, agli applausi e ai messaggi affettuosi sono arrivate anche le minacce. Ma libertá é nelle scelte di ognuno». La situazione é pesante, tanto che il pm Alberto Nobili, capo del pool Antiterrorismo della Procura di Milano, valuterà nelle prossime ore l’apertura di un fascicolo d’indagine per «minacce» nei suoi confronti.Fuori dal portone di casa, accanto a biglietti, fiori e disegni, anche uno striscione appeso dopo la sua liberazione. Le parole vergate a spray con un «carattere» spesso usato da gruppi ultrà di estrema destra: «Perdona l’umano, bentornata Silvia Romano». Un messaggio in rima dal sapore ambiguo e amaro, che ha molto turbato Francesca, la mamma: «Si è resa conto del clima intorno a lei quando è scesa dalla macchina e ha visto quello striscione…», racconta ancora lo zio.È proprio la madre, mentre Silvia attraversa la calca di giornalisti e fotografi, ad attardarsi per un attimo intorno alla macchina. Apre il bagagliaio, sfila una valigia scura e per qualche secondo cammina libera dalla ressa. Sotto gli occhiali da vista, gli occhi sono lucidi: «Rispettate questo momento, vi ringrazio». Poi anche lei sparisce nel tunnel di flash e telecamere, quasi travolta da un assalto che non conosce distanziamento sociale e norme contro il coronavirus.Sono le 17.12 in via Casoretto, Silvia Romano è finalmente a casa. In strada c’è un lungo applauso di amici e vicini. Lei risponde dopo una manciata di minuti affacciata alla finestra del secondo piano. Agita la mano, saluta e mentre gli applausi sovrastano ogni cosa, lei muovendo soltanto le labbra si lascia andare a un «grazie a tutti» e alza il pollice: «Sto bene». Poi richiude quasi per intero la tapparella e nell’appartamento si intravedono solo sagome oltre le luci, mentre polizia e carabinieri allontanano giornalisti, curiosi e telecamere. Resta un cordone di agenti, per qualche ora, a scongiurare un assalto ai citofoni. Perché «il momento è delicato», come lasciano filtrare dalla famiglia: «Silvia è sotto choc, messa a dura prova dalla lunga prigionia, dal rientro, da tutto quello che si è trovata intorno».Dietro l’immagine di una ragazza sorridente ma schiva davanti alle telecamere, se non fosse per la mascherina scalzata dal viso per pochi secondi a mostrare il sorriso, c’è in realtà un animo ancora travolto dai 18 mesi di sequestro. Dalla paura di essere uccisa, dall’angoscia per la sua famiglia. «Silvia è molto provata, scossa, molto più di quanto non si sia visto in televisione. Forse terminato il periodo di quarantena per il rischio Covid, avrà bisogno di sostegno psicologico – racconta un parente -. Non si può giudicare la vita di una ragazza di 24 anni che ha passato tutto questo. Ora ha bisogno di silenzio e normalità». Domenica, dopo essere scesa dall’aereo che l’ha riportata a Ciampino, la cooperante è rimasta a lungo abbracciata alla madre, in silenzio e avvolta dallo jilbab . Ieri in macchina, nel lungo viaggio che l’ha riportata a Milano, era seduta dietro, insieme alla sorella. A casa la chiamano soltanto Silvia. Aisha, il nome che ha scelto dopo la conversione, è quello della terza moglie del profeta Maometto. Significa «viva».La situazione per Alfio Maggiolini, psicoterapeuta esperto di estremizzazione, è stata banalizzata nel dibattito mediatico: «Gli adolescenti e i giovani come Silvia Romano sono mossi da ideali di generosità sani e vitali che talvolta li espongono a rischi anche seri e sottovalutati, in funzione dell’aiuto agli altri – spiega -. In situazioni di pericolo dove adattarsi diventa “la salvezza” questi ideali possono strutturarsi in ideologie politiche o anche religiose persino estreme». Nel caso della giovane cooperante «siamo di fronte ad un evento tragico, il rapimento, e solo Silvia sa cosa significa finire nelle mani di Al Shabaab »: «Essere in sintonia con un ideale è una grande fonte di forza emotiva e consente di sopravvivere persino alla costante paura della morte con una serenità di fondo che può apparire sorprendente. È quasi come se fosse il trionfo dell’ideale sul disagio della realtà».Ho grande rispetto per la sua scelta e non mi permetto di giudicarla, dice il parroco della chiesa di Santa Maria Bianca della Misericordia, don Enrico Parazzoli, 53 anni: «Mi hanno detto che ho trasformato il campanile in un minareto perché ho suonato le campane alla sua liberazione. Ho ricevuto qualche critica da amici e parrocchiani. Il problema è che la gente non pensa, semplifica e questo non è compatibile con la complessità del mondo».